Cronache

"Che liberazione veder annegare il mio bambino"

Adalgisa Gamba, accusata di omicidio, non ricorda nulla:"Era meglio una figlia sola"

"Che liberazione veder annegare il mio bambino"

«Il bambino era nelle mie braccia, gli parlavo ma non davo peso al fatto che fosse sott'acqua». Omicidio volontario per Adalgisa Gamba, 40 anni, accusata di aver ucciso il figlioletto di due anni e mezzo in mare, a Torre del Greco. Interrogata dal gip di Torre Annunziata per due giorni, tra vuoti di memoria e ricordi nitidi, la donna ripercorre la domenica del 2 gennaio. E parla della presunta malattia di suo figlio.

Un chiodo fisso, un incubo, anche se nessun medico l'ha mai diagnosticata. Per lei quel gesto ripetitivo, compulsivo, delle manine era il chiaro segno di autismo. Nell'interrogatorio di convalida la Gamba mette a verbale: «Ho notato un ritardo nel linguaggio e problemi di apprendimento sebbene fisicamente sia sempre stato molto attivo. Faceva movimenti ripetuti con le mani, agitandole davanti al volto e agitando anche le dita. Questa mia convinzione era diventata un tarlo. Tante volte mi sono detta che forse sarebbe stato meglio avere solo una figlia. Lo spettro dell'autismo ha cominciato a perseguitarmi. Mio figlio faceva cose che la mia prima bambina non aveva mai fatto».

«L'ha ucciso lei?» domanda più volte il gip Fernanda Iannone alla 40enne. «No, non so dirvi, è come se avessi avuto un vuoto in quel momento. Come se il cervello fosse spento». Di fatto, sempre secondo il racconto della donna, i due entrano in acqua nonostante la bassa temperatura, nuotando assieme fino a quando l'acqua non le arriva al petto. Cioè fino a quando il bambino finisce con la testa sotto il livello del mare. «Sì, era fra le mie braccia. Non mi sono resa conto che era sott'acqua». Una difesa per ottenere la seminfermità mentale? «Cosa faceva il bimbo?» chiede il gip. «Non piangeva ma comunque si muoveva. Guardavo il mare e pensavo alla libertà, senza rendermi conto di tutto il resto. Ho avvertito una sensazione di liberazione, per me e per quella che sarebbe stata la vita di mio figlio. Credo di non essere stata in me».

Di fatto una confessione. Ma gli inquirenti insistono: «Ha annegato lei suo figlio?». «Non ho realizzato fosse il bambino, non so perché è andata così. Non l'ho sopportato, è stato il mio incubo giorno e notte». Il piccolo è rimasto in acqua tre ore, dalle 18 fino alle 21,35, quando li raggiunge il marito.

In 20 centimetri d'acqua il bimbo non sarebbe annegato se non ci fosse rimasto tutto quel tempo a una temperatura di 15 gradi, condizione che ha compromesso «la normale circolazione sanguigna, comportando danni irreparabili».

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