"Che male c'è? Noi i soldi li usiamo per puttanopoli"

La paladina delle prostitute: "Al nostro circolo iniziative culturali. Unar però non lavora bene"

"Che male c'è? Noi i soldi li usiamo per puttanopoli"

Maria Pia Covre, meglio conosciuta come Pia, da quarantacinque anni è una sex-worker e ci siamo capiti. Giustamente si definisce una «terapista del benessere». La signora è nota per la continua attività di sostegno alle prostitute e per l'opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei politici sui problemi correlati. Una sindacalista in piena regola. Nel 1982, assieme a Carla Corso ha fondato il Comitato per i diritti civili delle prostitute (Cdcp) e nel 1985 il giornale Lucciola. Nel 2004 il Cdcp ha ottenuto l'iscrizione all'anagrafe delle Onlus.

Signora Covre che ne pensa del recente scandalo dei soldi pubblici, 55mila euro, impiegati dall'Unar per sovvenzionare in alcuni circoli la prostituzione omosessuale?

«Francamente non mi va di entrare nel merito, e poi ci andrei cauta con la parola scandalo».

Ci spieghi

«Non è detto che tutti i soldi che girano nei circoli siano pubblici. Un'associazione ha svariate entrate, i tesserati per esempio, la loro quota annuale, eccetera. Poi, certo, la dentro succede di tutto a prescindere che all'interno ci siano etero o gay».

Da lei che succede?

«Belle cose. Al mio circolo i soldi delle sovvenzioni le usiamo per scopi educativi. Abbiamo un gioco che si chiama Puttanopoli, insegna molto. Piuttosto, per me lo scandalo è politico».

E cioè

«E cioè che da due anni l'Unar non sta facendo un lavoro appropriato, questo lo posso dire».

Quanto è cambiata la prostituzione, almeno nel nostro Paese, nell'era di internet sempre e ovunque?

«La strada è meno affollata, naturalmente. Ma non è che il web abbia portato tutta questa rivoluzione. Il cliente è sempre quello, i circoli privati ci sono sempre stati. Come le case d'appuntamento e gli annunci sui giornali. Certo, una volta bisognava rimediare il numero da un amico; ora c'è il web che rende tutto semplice...».

Però è un mercato differente, globalizzato

«La globalizzazione porta gli immigrati e le immigrate. Non si può stare immobili davanti al fenomeno della migrazione femminile, si deve agire per migliorare le condizioni sociali e lavorative delle donne, soprattutto delle migranti e delle più povere, delle tante donne le cui vite sono state precarizzate dalle politiche in atto in Europa. In Italia mi sembra che alla guida del Dipartimento delle Pari Opportunità ci sia un fantasma, si fa nulla».

Qualcosa da dire ai politici per concludere?

«Che tutte le proposte fatte finora

sono indecenti. Inoltre si ricorre sempre a piccoli provvedimenti d'emergenza che risolvono poco. Lo scopo di tutti questi ddl è di far passare la prostituzione come una cosa immorale, da nascondere e di cui vergognarsi».

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