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Quelli che spennano l'Italia

L'odio sociale del giornalismo di sinistra per chi produce ricchezza ha provocato un danno enorme a un'azienda leader che solo lo scorso anno ha versato alla collettività 50 milioni in tasse

Quelli che spennano l'Italia

Siamo fautori del giornalismo d'inchiesta e apprezziamo i colleghi quando riescono a praticarlo. Ma sappiamo bene quanto delicato sia questo genere: una somma di fatti veri non necessariamente porta alla verità. Anzi, il più delle volte accade l'inverso, soprattutto se i fatti vengono montati e narrati secondo una trama precostituita. Altre verità, volutamente sottaciute, potrebbero portare a conclusioni diametralmente opposte. È quello che è successo domenica sera nel corso della puntata di Report , la trasmissione di Milena Gabanelli. Nel mirino della cronista d'assalto è finita Moncler, azienda di abbigliamento (i famosi piumini) tra i simboli dell'eccellenza italiana. Un ex manager con qualche vendetta da consumare ha guidato gli inviati di Report nell'Est europeo, prima in un allevamento dove povere oche vengono spennate senza tanti complimenti per fornire le piume, poi in laboratori che per 40 euro l'uno assemblano i capi. Doppio scandalo: animali maltrattati e margini di guadagno iperbolici, visto che un piumino Moncler in negozio non costa meno di settecento euro.

Il risultato è stato che ieri Moncler in Borsa - sull'onda dell'indignazione - ha perso fino al 5 per cento, bruciando 140 milioni del suo capitale. Scusate il gioco di parole, ma è davvero da oche giulive cadere in un simile tranello. Prima osservazione: Report non è riuscito in alcun modo a dimostrare che ci sia una complicità tra gli allevatori crudeli e Moncler, che infatti compera le piume da altri imprenditori che trasformano il grezzo in prodotto finito. Seconda osservazione. Si è taciuto (bastava leggere i bilanci della società), che al netto dei costi del trasporto, degli stilisti, della ricerca, della pubblicità, dei negozi, dei dipendenti e delle tasse, Moncler per ogni piumino venduto non ricava più di cento euro. Il che non mi sembra una porcheria, tantomeno un reato.

Ma sta di fatto che l'odio sociale del giornalismo di sinistra per chi produce ricchezza ha provocato un danno enorme a un'azienda leader che solo lo scorso anno ha versato alla collettività 50 milioni in tasse. Noi vogliamo bene alle oche, ma vogliamo anche e più bene al nostro Paese.

E siamo orgogliosi che un italiano, Remo Ruffini, abbia acquistato anni fa Moncler dai francesi e con il suo ingegno l'abbia trasformata da marchio fallito a sogno collettivo internazionale. Un vero scoop, non come quelli sfascia Italia della Gabanelli.

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