Il nuovo simbolo della rivoluzione? Eccolo, presentato ad Amburgo, la città che vide l'esordio dei Beatles e, in queste ore, le violenze degli autonomi di sinistra e del loro universo, black bloc compresi. L'ultima bandiera contro i potenti è una ragazza che sale sul mezzo blindato ad Amburgo e protesta contro i 20 grandi. Calza un paio di bianche scarpe, firmate Adidas, non proprio da pasionaria combattente, ha le gambe fasciate da un fuseaux lucente, di un rosso cardinalizio sopra il quale porta una maglietta blu. Viene raggiunta dagli idranti della Polizei che la centrano, forse c'è del peperoncino rosso nell'acqua fredda, la ragazza resiste alle frustate dell'idrante, tenta di parlare con il poliziotto, ridiscende, fradicia, con il volto arrossato.
Ventisette anni fa, il cinque di giugno dell'Ottantanove, il «rivoltoso sconosciuto», nelle grande arteria di Chang'han, vicina a piazza Tienanmen, rischiò la vita piazzandosi davanti al carro armato, il primo di quattro, spedito dal governo comunista di Xiaoping a reprimere, con la violenza e le carneficine, le manifestazioni degli universitari. Quel ragazzo teneva una busta in una mano e, con l'altra, stringeva la giacca. In maniche di camicia tentò di bloccare i mezzi cingolati che provarono ad aggirarlo, inutilmente. Il ragazzo si spostò, con loro. Poi si arrampicò sulla torretta e provò a dialogare col soldato pilota. Vennero altri giovani, portarono via il rivoltoso, sconosciuto per il resto della sua esistenza, forse giustiziato, nelle ore successive, dal regime comunista. Quello fu un atto eroico, come la donna che si è piazzata, con le braccia in alto, davanti ai blindati venezuelani del governo di Maduro, stesso marchio comunista, come il giovane steso sul selciato di Istanbul per fermare i carri armati turchi. Non certo la martire di Amburgo, presentata come il simbolo della rivolta. Quale rivolta? Contro quale repressione violenta? Le foto di Amburgo e di Pechino appartengono a due epoche diverse e lontane nel tempo ma sono, soprattutto, distanti, tra loro, per il valore dell'atto, per il contesto. Lo sconosciuto cinese era e resta il simbolo verissimo dell'uomo che non si arrende a chi impone la morte dei diritti civili, è la voce del silenzio contro chi impone il silenzio della voce; la sua resistenza civile, passiva, è svanita nel tempo.
La ragazza di Amburgo è l'esibizione, la provocazione, la sfida, l'ego di un pacifismo che non c'entra con la pace vera.
Basta un G con un numero qualsiasi a seguire, basta un No Tav o un No a prescindere, basta una squadraccia di anarchici, di inquilini dei centri sociali, di black bloc, di sbandati della vita e la battaglia incomincia. La ribelle tedesca ha avuto il suo quarto d'ora di celebrità. La rivoluzione è una lotta tra il futuro e il passato. Parola di Fidel Castro. Ripensando a Tienanmen, la ragazza di Amburgo non è futuro. Non è passato.
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