Votare è davvero una fatica. Lo è per gli elettori che non sanno a che santo promettersi e ancora di più per i partiti in crisi d'identità. Forse è per questo che si andrà avanti fino al 2018 senza elezioni politiche. Vi ricordate il tempo, neppure lontano, quando quasi tutti santificavano primarie e preferenze? Ecco, quel tempo è passato. Non sono più di moda. L'ultimo a pentirsi è stato Renzi. Matteo sul taxi delle primarie è salito per scalare Palazzo Chigi. Un viaggio iniziato da ragazzo di bottega, da portaborse, con la sfida ai notabili della provincia, contro il partito, da divergente, poi la conquista di Palazzo Vecchio, la Firenze dei Medici, la sconfitta ai punti con Bersani e la vittoria a mani basse sull'ex «leopoldo» Civati e sull'intellettuale gramsciano Cuperlo. Sulle primarie Renzi ha costruito una carriera, tanto da lanciare un'Opa sulla ditta e poi un balzo sereno per atterrare al governo. Adesso si è accorto che quella scala è un problema, rischia di farlo cadere, soprattutto se troppa gente goffa o contromano ci sale sopra. È quello che sta accadendo.
Renzi si è accorto che il territorio non è sinonimo di qualità. Non basta il chilometro zero, dipende pure da dove stai e cosa coltivi. Se è terra di clientele i voti vanno ai feudatari della spesa pubblica o a loro prestanomi. Se è terra disillusa ti ritrovi il primo che passa, magari un marziano. Eh sì, c'è anche Ignazio Marino in questa storia, uno che potrebbe fare la controfigura di Mister Magoo, l'eroe orbo e fortunato di un vecchio cartone animato. Renzi e il Pd sanno che, perfino al di là di Mafia capitale, Roma è sempre più una terra abbandonata, la vecchia matrona si presenta al mondo stuprata, con le vesti stracciate e la bellezza sfregiata. E da troppo tempo è stanca di prostituirsi. Marino è un problema politico che Renzi ha di fatto deciso di risolvere con un taglio netto. Il marziano si deve dimettere, meglio commissariata che vuota, con una scommessa rischiosa alle prossime elezioni, con la paura di lasciarla ai grillini o a Marchini o a un signor (o signora) X appoggiati dal centrodestra in modello Venezia.
Il problema di Renzi e di tutti i partiti è selezionare una classe dirigente. La realtà è che non esiste una ricetta sicura e comunque ci vogliono anni. Non c'è dubbio che non basta neppure catapultare i candidati dall'alto. Le primarie dovevano servire a superare il fallimento dei partiti piramidali. Il guaio è che ci siamo accorti che la società civile è lo specchio della politica. Quelli in basso si ispirano a quelli in alto. Sono una fotocopia provinciale della casta e gli stessi elettori si aspettano dai politici quello che al bar bestemmiano. Non tutti, certo. Il non voto crescente è un segno di disillusione e anche di disgusto. È una protesta. Forse qualcuno comincia a chiedere allo Stato, visto che non risolve problemi, almeno di non fare danni, di farsi da parte.
I ripensamenti di Renzi sono frutto anche di una fragilità inattesa. Matteo è ottimista e a volte bullo. Si sentiva sicuro sulla quota 40 per cento, quella delle elezioni europee. Non ha mai pensato di poter fallire. Solo che governare è difficile, sul serio. E da un bel po' di tempo a questa parte il premier con la ruota della fortuna nel destino sta sbattendo la testa contro una serie di muri. Non sa come risolvere il caos immigrati. Non ha una strategia sulla Libia e il terrorismo resta una minaccia fantasma che può colpire all'improvviso. La gente ha paura. La crisi economica è ancora lì, e gli squarci di futuro sono pochi e lenti. Le tasse sono esasperanti. Il debito pubblico cresce segnando record uno dopo l'altro. Lo Stato continua a non pagare i debiti con le imprese. I pensionati graziati dalla Corte costituzionale sono stati rimborsati con un tozzo di pane e perfino sulla Buona scuola adesso ha dovuto fare marcia indietro. Ti puoi raccontare storie fin quando vuoi ma poi alla fine qualcosa nei conti devono tornare.
Renzi in questo momento ha paura. Teme di bruciare tutti i crediti che aveva, di dilapidare la speranza. È per questo che non può più permettersi errori. La tentazione è tornare a fare tutto da solo, non fidandosi.
La scommessa è prendere atto che il Pd, per troppi anni malato di presunzione, non ha una classe dirigente all'altezza della crisi che sta vivendo l'Italia. Renzi non ha rottamato e non ha ricostruito. È il momento della realtà. Le primarie non sono una parola magica, ma una scatola vuota, dipende da quello che ci metti dentro. Cosa c'è davvero nello zaino di Matteo?
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