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Chi riscrive le regole a ritroso

Tra le favole metropolitane che circolano a Montecitorio c'è quella di un presunto precedente grazie al quale il presidente del Senato Casellati non avrebbe dovuto sedere accanto al presidente Fico durante lo spoglio delle schede di ieri mattina.

Chi riscrive le regole a ritroso

Tra le favole metropolitane che circolano a Montecitorio c'è quella di un presunto precedente grazie al quale il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati non avrebbe dovuto sedere accanto al presidente Roberto Fico durante lo spoglio delle schede di ieri mattina. Perché mai? Perché candidata alla presidenza della Repubblica. Il precedente di Oscar Luigi Scalfaro non solo non è un precedente ma c'entra come il cavolo a merenda.

I fatti nel 1992 andarono così. Il 25 maggio 1992 il presidente Scalfaro, presidente della Camera e del Parlamento in seduta comune, dichiara chiusa la 16ª votazione e prega il vicepresidente Stefano Rodotà di procedere in sua vece allo scrutinio. E giù applausi dei grandi elettori per il fatto che, nella sua veste di candidato avviato alla vittoria, si assentasse proprio in quel momento.

Orbene, ciò che vale per Scalfaro non poteva valere ieri per il presidente Casellati. Per la semplice circostanza che quest'ultima è sì presidente del Senato ma in tale occasione non è nell'esercizio delle sue funzioni. Il regolamento della Camera dispone: «Nelle riunioni del Parlamento in seduta comune è riservato un seggio al presidente del Senato». Non dice neppure dove debba essere collocato. Tuttavia, fin dall'elezione di Einaudi nel 1948, il presidente del Senato, Ivanoe Bonomi, siede accanto al presidente della Camera, Giovanni Gronchi.

Ne consegue che il presidente Alberti Casellati potrebbe votare nella sua veste di componente del collegio elettorale. È ben vero che una prassi in senso contrario si è affermata fin dalla prima legislatura repubblicana. Ma essa è in contrasto con una consuetudine che risale ai tempi in cui Francesco Crispi era presidente della Camera. Nel 1877 si fece togliere dalla chiama per rimarcare la terzietà della carica alla quale era stato preposto.

Se per ipotesi il presidente Casellati si fosse assentata, non avrebbe potuto lasciare la poltrona a un vicepresidente del Senato. Quest'ultimo non avrebbe avuto alcun titolo per sedere vicino al presidente Fico. Il quale ha letto il solo cognome del presidente del Senato. A dispetto del fatto che nella seduta dell'8 maggio 2006 il presidente Fausto Bertinotti aveva avvertito che è da escludersi che «la presidenza possa dettare prescrizioni circa la forma con la quale ciascun elettore è chiamato ad esprimere il proprio voto».

Parole al vento, le sue, con il senno di poi.

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