Elezioni Comunali 2016

Ciaone Renzi

Grillo dilaga a Roma e si prende anche Torino. Adesso il premier rischia grosso al referendum di ottobre

Ciaone Renzi

Quello di ieri è un «ciaone» che l'elettorato ha dato a Matteo Renzi e al suo Pd, umiliati a Roma e clamorosamente rimontati a Torino dal Movimento Cinquestelle. A Milano Sala ce la fa su Parisi per una manciata di voti, che per un centrodestra partito da meno dieci su mister Expo è comunque un buon risultato.

«Ciaone» è lo sberleffo con cui, solo poche settimane fa, Ernesto Carbone, deputato e braccio destro del premier, prese per i fondelli gli sconfitti al referendum sulle trivelle. A furia di fare lo sbruffone, Matteo Renzi è stato ripagato con la stessa moneta da elettori che preferiscono «giocare» con Beppe Grillo piuttosto che seguirlo su una strada ambigua e spesso oscura. Il premier ha compiuto un miracolo: in soli due anni è riuscito a trasformare un bizzarro movimento di protesta, i Cinque Stelle appunto, in una formidabile macchina elettorale e forza di governo. E pensare che sarebbe bastato occuparsi di cose serie anziché di stucchevoli alchimie istituzionali, per di più pro domo sua. Pensare che sarebbe stato sufficiente non rompere con furba arroganza quel Patto del Nazareno con il centrodestra che poteva essere l'antidoto vero all'anti politica dilagante.

Ma come poteva pensare Matteo Renzi che i suoi elettori avrebbero capito le spregiudicate acrobazie parlamentari con Denis Verdini e Sandro Bondi? Non è offrendo 80 euro a qualcuno ad anni alterni (quelli elettorali) che si può governare un Paese o convincere la gente a tornare alle urne (anche ieri l'affluenza è stata molto bassa, poco sopra il 50 per cento). I voti, quelli delle mafie a parte, non sono in vendita. E l'entità della sconfitta romana - con il Pd doppiato dalla Raggi - dimostra che il renzismo non attira neppure un voto di moderati di centro, quando orfani del proprio candidato al ballottaggio.

Ora Renzi per stare a galla dovrà per forza consegnarsi alla sua minoranza. Ci risiamo con i Bersani, le Rosy Bindi e i Massimo D'Alema a dettare condizioni.

Un bel risultato per uno che doveva traghettare la sinistra definitivamente fuori dalle secche del postcomunismo.

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