Una mostra a Pechino allestita per ricordare i traguardi raggiunti dalla Cina. Scuole e studenti preparano la grande parata, per la quale i militari si allenano da giorni in piazza Tiananmen. Tutto è pronto per marciare alla perfezione oggi, 70esimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. E per l'occasione, con 24 ore di anticipo, il presidente Xi Jinping ha reso omaggio al padre della patria, Mao Zedong, nel giorno dedicato agli eroi e ai martiri della Cina. Lo ha fatto insieme ai rappresentanti degli alti vertici del Partito comunista cinese, inchinandosi per tre volte davanti alla statua di Mao al mausoleo dove sono conservate le spoglie, nel centro di piazza Tiananmen, fulcro dei festeggiamenti di oggi. L'ultimo tributo pubblico da parte di Xi al fondatore della Repubblica Popolare Cinese risaliva al 2013, in occasione del centoventesimo anniversario della nascita.
Mentre la Cina sfoggia davanti al mondo la sua potenza e gli sfarzi del regime, da Hong Kong arriva invece un avvertimento chiaro, che preoccupa la polizia: le proteste pro-democrazia di oggi, in occasione dell'anniversario, saranno «molto, molto pericolose». «Dopo la nostra analisi- spiega il sovrintendente John Tse - ci aspettiamo che la situazione sia molto, molto pericolosa». «La violenza dei manifestanti sta crescendo, stanno facendo sempre più ricorso al terrorismo - ha aggiunto - sostenendo che si tratta di gente «con istinti suicidi», che potrebbe essere incitata a uccidere funzionari di polizia in servizio, o a dare fuoco ad alcuni distributori di benzina».
Le proteste di oggi sono state vietate a causa di «gravi minacce all'ordine e alla sicurezza pubblici», dopo che domenica si sono registrati gli scontri più intensi da settimane, con la polizia che ha fatto ricorso a gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua in diverse aree della metropoli. In tutto 157 arresti, che hanno fatto salire a 1600 il numero di persone finite in manette dall'inizio delle proteste e dopo una battaglia durata ore, tra lanci di pietre e molotov, barricate improvvisate date alle fiamme in vari punti della metropoli. Una situazione ad alto rischio, specie ora che il personale militare e paramilitare di Hong Kong, dopo tre mesi di proteste, avrebbe superaro le 10mila e probabilmente sfiorato le 12mila unità, un numero molto più alto rispetto alle circa 6mila che di solito stazionano sul territorio.
Dal canto suo, il presidente Xi ha promesso ieri che Pechino «continuerà ad applicare appieno e fedelmente i principi di «un Paese, due sistemi» e un «alto livello di autonomia». Ma i dimostranti non intendono arretrare e pur precisando di non volere spargimento di sangue, dicono di non poter promettere che non ci saranno violenze. Vogliono approfittare dell'anniversario per fare sentire la propria voce, dopo che domenica decine di migliaia di persone sono scese in strada in 40 città di tutto il mondo per mostrare sostegno alle loro proteste anti-totalitarismo.
Tra le metropoli a manifestare, c'era anche Taipei, capitale di Taiwan, l'isola che la Cina non considera uno Stato sovrano, ma una provincia «ribelle» che prima o poi dovrà tornare «a casa». E proprio su Taiwan si è espresso sollevando preoccupazione il leader Xi, secondo cui «la riunificazione di Taiwan alla Cina è una tendenza inevitabile e nessuna forza potrà mai fermarla». Parole
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