Cronache

Cinque Terre esasperate e scatta la caccia al ladro

Sono spudorati, arroganti, rubano dappertutto e restano impuniti Così Manarola, 250 abitanti, ha deciso di reagire. Con i cellulari

Cinque Terre esasperate e scatta la caccia al ladro

nostro inviato a Manarola (La Spezia)

Corrono a perdifiato. E intanto chiamano a raccolta gli abitanti di un borgo poco più grande di un presepe. Telefonate. Sms. Richieste di aiuto via whats app. E, a fianco, il più tradizionale scampanellio alla porta. Due, tre, cinque, dieci persone. Poi ancora di più, quindici, forse venti: il piccolo esercito si ingrossa. Manarola non vuole lasciarsi fuggire i ladri che hanno appena portato via la borsetta, nascosta dietro il banco della reception di uno dei tanti alberghi del paesino, il secondo delle Cinque Terre venendo da La Spezia. La signora Paola li ha descritti molto bene: erano in tre e ora bisogna prenderli. Pochi secondi. E il terzetto viene avvistato, in vista della stazione e della possibile via di fuga. Urla. Insulti. Spinte. «É ora di finirla con questa situazione, qui hanno superato il segno. Basta». Per le statistiche della microcriminalità italiana questo episodio è un granello d sabbia che si perde nel mare senza fondo dei furti, degli scippi, delle rapine. Ma per i 250 di Manarola questa è una giornata spartiacque. «Finora – mi dice Massimo Andreoli, che lavora in mare per il Parco nazionale delle Cinque Terre ed è un po' un'autorità locale - questi delinquenti rubavano in stazione, ma se cominciano ad entrare nelle case e negli alberghi è finita. Dobbiamo organizzarci e rispondere». E in effetti gli abitanti si sono già organizzati. Una volta erano le campane a segnalare il pericolo che veniva dal mare e aveva la faccia feroce dei pirati o dei turchi; ora sono gli smartphone a lanciare l'allarme ma l'insidia arriva da terra, anche se i volti hanno qualche lontana somiglianza con quelli tramandati nei racconti orali.

I tre sono al muro. Li hanno portati davanti al bar Aristide, oltre la galleria che collega i binari al paese Sono marocchini, il colore delle pelle è scuro ma non è nero. «Voi di qui non vi muovete». Per fortuna i carabinieri arrivano da Riomaggiore in pochi minuti. Troppo in fretta, per i gusti di qualcuno: «Peccato, li avremmo sistemati per bene. Adesso ci pensiamo noi». I tre non hanno niente addosso. Solo canottiere stile bagnante e un'insospettabile dose di arroganza. Un maghrebino guarda dritto negli occhi Andreoli, uno che non butta per terra neanche la cicca della sigaretta e porta con orgoglio una maglia su cui è scritto: «Io sto con i cetacei» e gli sibila: «Quando torno ti uccido». L'altro vorrebbe anticiparlo e scatta in avanti... I carabinieri si mettono in mezzo: «State calmi, state calmi». É una scena surreale. Non siamo a Corleone o in Aspromonte ma in mezzo a migliaia di turisti in infradito che parlano tutte le lingue del mondo. Americani. Inglesi. Cinesi. A pochi passi, davanti a una tavolata che è un cimitero di bottiglie, una comitiva tedesca intona un corale dolce, a tratti struggente. Forse un inizio di sbornia triste.

I documenti non si trovano. E la borsetta chissà dov'è finita. «Adesso li fermano e fra due ore sono di nuovo liberi», dice sconsolata una signora, una di quelle che qui ha seconda casa. «Da oggi dobbiamo organizzarci in modo strutturato» ripetono i ragazzi che intanto si sparpagliano alla ricerca, frenetica, della borsetta. Su e giù per i pendii. Fra prati e giardini. É la comunità che ruggisce e si fa ronda, dove lo Stato, quello ufficiale al di là dei bravissimi carabinieri che pure padroneggiano la situazione, è perso nel labirinto delle leggi contorte, dei cavilli, delle norme da interpretare, del buonismo dilagante che genera solo rabbia e xenofobia.,

Al bar Aristide, la signora Monica catechizza le dipendenti con una praticità quasi cinica: «Mi raccomando, memorizzate le facce dei tre, tanto questi ritornano». Poi si sfoga e sfoga la sua insicurezza: «Laggiù nella galleria l'altro giorno c'era un tappeto di portafogli rubati. Sono i rom, anzi le rom». Quelle di cui ha parlato il Giornale ieri. «Noi le conosciamo, ma loro ritornano. Ieri una si è seduta qua fuori, vicino ad un cliente anziano, forse australiano. L'ho scacciata. Lei non se ne voleva andare». I marocchini finiscono in caserma a La Spezia, per i soliti accertamenti di rito. I giudici del popolo hanno già emesso la loro sentenza.

Minacciosa: «La prossima volta faranno brutta fine».

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