
nostro inviato a Pavia
Alberto Stasi è puntualissimo, ma anche molto attento nel dribblare la folla del caso più mediatico degli ultimi anni. Così, in Procura a Pavia, entra alle 14 esatte in tutta fretta ma dal retro, dalla porta carraia, a bordo di una Panda hybrid grigia guidata da uno dei suoi avvocati, Giada Bocellari. Guarda avanti Alberto, non concede nulla e resta immobile. Spiazza la folla che davanti all'ingresso principale, in piazza del tribunale, aspetta per il previsto interrogatorio contemporaneo lui e Andrea Sempio, il 37enne nuovo indagato per l'omicidio della ex di Alberto, la 26enne Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Resteranno tutti a bocca asciutta, microfoni, taccuini, telecamere grandi e piccole: non solo infatti Alberto entra dal retro, ma Andrea proprio non si fa vedere. Nel frattempo si è fatta vedere, ma sui social, Angela Taccia, l'avvocata «social» di Sempio, che intorno alle 11 posta una frase sibillina: «Guerra dura, senza paura, codice penale we love you». Una sorta di gioco di parole che, letto più tardi e davanti all'assenza di Sempio, fa intuire che il nuovo indagato non verrà per farsi interrogare a causa di un vizio di forma contenuto nella convocazione (e scovato dalla Taccia). Andiamo avanti, non c'è fretta, qualcosa succederà. Il «circo» è una Twin Peaks in cui ciascuno ha trovato quasi di diritto una propria collocazione, poco importa se congrua o meno, se ridicola o addirittura del tutto inutile. Chiara è morta 18 anni fa e oramai non si bada più a rispettare lutti e morti, si passa semplicemente alla scena successiva. Ci sono così volti noti. Che con questo caso hanno oramai ci sbarcano il lunario. E non solo quelli più conosciuti della tivù, come la «iena» Alessandro De Giuseppe, quello dell'intervista a Stasi prima della semilibertà, nell'immancabile completino nero. Arrivano però anche i signori nessuno: studenti caciaroni, donne che si fanno scudo tra la folla con la borsetta e avvolte in abiti leopardati. Tutti in posa davanti all'entrata leggermente in salita della Procura: vuoi che prima o poi qualche telecamera non li inquadri?
E poi l'apoteosi del kitsch. O del déjà vu. Camicia blu attillata, sigaretta all'angolo della bocca, occhiali scuri da sole sugli occhi e da vista infilati nella scollatura, una abbronzatura di tutto rispetto, arriva Fabrizio Corona (nella foto). Premette serio: «Non parlo per spettacolarizzare la mia immagine, a 51 anni non ne ho bisogno». Poi dice la sua sulla nuova inchiesta: «Io da chi lo so non ve lo dico, io vi sto dicendo che il procuratore Napoleone ha da tre anni, da quattro anni, delle prove che non può utilizzare - ha detto Corona -. Sempio è indagato da sei anni, il procuratore sa che è colpevole, ha le prove, ma non le può utilizzare. Il supertestimone è andato prima dalla famiglia Poggi, la famiglia non lo ha voluto ascoltare quando sosteneva che il colpevole non è Stasi». E ancora: «Una persona, molto probabilmente l'avvocato De Rensis (l'altro legale di Stasi, ndr) ha fatto per tre anni delle investigazioni abusive. Cosa significa? Che ha riscontrato dopo tre anni di indagine chi sono i veri colpevoli, che non è Stasi e sono più di quattro. È riscontrato da prove oggettive». Poi il bel Fabrizio sparisce.
Alle 16.38 dal tribunale esce proprio l'avvocato De Rensis, l'interrogatorio di Stasi è durato circa due ore: «Siamo soddisfatti, Alberto è sereno per la nuova indagine ma rispettoso della sua condanna, non posso dire altro in merito al contenuto». Passano 9 minuti e le agenzie battono lo scoop de Tg1: «Impronta Sempio vicino al corpo di Chiara Poggi».
Il circo mediatico resta spiazzato sotto la pioggia battente. «Ma che prova è? - corregge subito il tiro un collega - Mica è insanguinata l'impronta!». E si ricomincia. Il circo smonta le tende. Fino alla prossima puntata.
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