La città "eternamente russa" torna nelle mani degli ucraini. La gente in piazza con le bandiere ma resta il pericolo di agguati

Conclusa la ritirata dell'Armata rossa occupante che fuggendo distrugge il ponte Antonovsky: "Quella terra rimane ancora nostra". Le paure di Kiev: potrebbero essere rimasti in abiti civili

La città "eternamente russa" torna nelle mani degli ucraini. La gente in piazza con le bandiere ma resta il pericolo di agguati

La guerra brutta sporca e cattiva va avanti. Ma ieri è stato un giorno di gioia per l'Ucraina e per l'Occidente che sostiene la sua lotta per la sopravvivenza. Kherson, la più importante città finita sotto il tallone dei russi dopo l'invasione, l'unico capoluogo di oblast, la «città eternamente russa» come l'aveva definita il Cremlino, è tornata nelle mani gialloblù. L'esercito russo ha completato a tempo di record l'evacuazione della città, annunciato appena tre giorni fa, trasferendo secondo quanto afferma il ministero della Difesa di Mosca oltre 30mila soldati e 5mila tra mezzi militari e armamenti sulla sponda sinistra del fiume Dnipro. E poche ore dopo gli abitanti di Kherson hanno potuto dopo molti mesi issare di nuovo la bandiera ucraina su un monumento sulla piazza della Libertà. Un video caricato su Telegram mostra il solenne gesto compiuto da alcuni cittadini davanti allo sguardo felice di decine di altri in una piazza per il resto deserta. Si sentono persone urlare: «Morte al nemico!» e «Gloria all'Ucraina!». Altri video mostrano automobili girare per la città con le bandiere nazionali, come dopo una vittoria calcistica. Solo che in questo caso la corsa ebbra avviene per strade spettrali. Perché i civili, quasi tutti almeno, sono stati mandati via dai russi nelle ultime settimane. Kherson è di nuovo una città libera. Ma resta una città fantasma.

Una giornata di gioia, dunque, con il presidente Volodymyr Zelensky a esultare: «Kherson è nostra!». Ma ci sono molte ombre che si allungano su questo indubbio successo di Kiev. Intanto c'è che i russi, pur arretrati, continuano a rivendicare la città come «parte della Russia. Non ci sono e non ci possono essere cambiamenti», come avverte il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dalla Tass. Va ricordato che la regione di Kherson è tra le quattro annesse de facto dalla Russia a fine settembre dopo lo svolgimento dei famosi referendum farsa. Inoltre i russi hanno lasciato terra bruciata lasciando la zona, distruggendo tra l'altro il ponte Antonovsky, il principale collegamento della città di Kherson alla sponda orientale del fiume Dnepr, dove si sono ritirate le forze russe. L'emittente ucraina Suspilne ha mostrato immagini in cui si vede chiaramente l'infrastruttura priva di intere sezioni. Il ponte era stato ripetutamente colpito nei giorni scorsi da parte dell'artiglieria ucraina. I russi avrebbero anche fatto detonare esplosivi nella centrale della città e distrutto parte di un'antenna televisiva.

C'è poi il rischio che Kherson si riveli una trappola per l'esercito di Kiev. Malgrado ieri i soldati ucraini abbiano preso possesso della città, galvanizzando i pochi civili ancora presenti, Serhii Khlan, membro del consiglio regionale ucraino della città, ha avvertito tutti del pericolo che alcuni militari russi possano essere rimasti in città camuffati con abiti civili. «Stanno tramando provocazioni. C'è molto lavoro da fare per lo sminamento e lo sgombero della città». Secondo Khlan, inoltre, un gran numero di truppe russe sarebbe annegato mentre cercava di fuggire dalla città, contraddicendo la versione di Mosca di una ritirata efficiente, pacifica e senza perdite.

Russi che in altre zone dell'Ucraina hanno battuto diversi colpi. A Mykolaiv, nel sud dell'Ucraina, non lontana da Kherson, un attacco contro un quartiere un edificio in un quartiere residenziale della città, ha provocato almeno quattro morti, oltre a numerosi feriti.

Una «risposta cinica dello Stato terrorista ai nostri successi sul fronte» da parte di una Russia che «non rinuncia alle sue tattiche spregevoli. E noi non rinunceremo alla nostra lotta», lo sfogo amaro di Zelensky. Un giorno di gioia, ma la pace è lontana.

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