Colf e ipoteche, i guai con il fisco dei parenti dei big a 5 Stelle

I padri di Luigino e Di Battista hanno «dimenticato» contributi e tasse, la collaboratrice di casa Fico in nero

Colf e ipoteche, i guai con il fisco dei parenti dei big a 5 Stelle

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede vorrebbe mettere in carcere i genitori di Alessandro Di Battista e Luigi di Maio. La norma che prevede il carcere per gli evasori, se fosse entrata in vigore un paio di anni fa, avrebbe rischiato di sbattere alla sbarra proprio i familiari dei big del M5S. Perché la guerra con il Fisco sembrerebbe un vizietto che accomuna i papà dei vertici pentastellati. Non c'è solo la storia della presunta evasione di suocero e compagna del premier Giuseppe Conte: Cesare Paladino, padre di Olivia, compagna del capo del governo, è proprietario del Plaza Hotel di Roma. E sarebbe stato condannato per un'evasione fiscale da 2 milioni di euro, perché non avrebbe versato all'erario la tassa di soggiorno dal 2014 al 2018 (pena che sarebbe stata poi patteggiata e le quote versate successivamente).

Ci sarebbe poi la vicenda, ben nota, della colf in nero impiegata dalla compagna del presidente della Camera Roberto Fico: caso tirato fuori in un'inchiesta de Le Iene. Il numero uno di Montecitorio fu duro, querelando la trasmissione tv. Qualche giorno fa è arrivata la pietra tombale: per i giudici la trasmissione ha riportato solo la pura e semplice verità. A casa di Roberto Fico c'era almeno una collaboratrice domestica che veniva pagata irregolarmente, senza contributi e senza pagare le tasse. Esattamente il genere di evasione fiscale che l'anima più giustizialista del Movimento ha deciso di combattere. E in una storia di lavoro in nero è finito anche Antonio Di Maio, papà del ministro degli Esteri Luigi, capo politico dei Cinque stelle. Di Maio senior all'epoca in cui era titolare di una ditta edile fu denunciato da un lavoratore perché non risultavano versati i contributi. E sempre in tema di guerra con il Fisco, a novembre dello scorso anno, Il Giornale scoprì che il papà del ministro degli Esteri non fosse in regola con le tasse. Una storia di qualche anno prima, che è utile ricordare nei giorni in cui Di Maio si erge a paladino della lotta all'evasione fiscale. Nel 2005, il padre del capo politico 5S cancella la ditta individuale artigianale costituita nell'anno 1995. C'è il sospetto che dietro la decisione di rinunciare a fare impresa in prima persona, ci fosse il tentativo di scappare dalle maglie del Fisco. Sospetto che troverebbe conferma in un passaggio: il 3 settembre 2010, quattro anni dopo la chiusura della ditta artigianale, Equitalia iscrive un'ipoteca legale su due beni di proprietà di Antonio Di Maio. L'ipoteca scatta su due terreni nel Comune di Mariglianella per un debito di 176mila euro. Un'iscrizione ipotecaria può essere fatta per mille motivi: multe di vario tipo non pagate, bollette, fallimenti, detrazioni fittizie di cui l'Agenzia chiede la restituzione, o ancora tasse e imposte dovute e mai versate all'erario. Il debito potrebbe essere collegato agli anni in cui il genitore del vicepremier svolgeva l'attività imprenditoriale. Per garantire la par condicio, anche l'altro big del Movimento, Alessandro Di Battista, non è sfuggito alla maledizione dei papà.

Vittorio Di Battista, padre del Dibba, risultava titolare di una società che aveva debiti con il Fisco e un lavoratore in nero. Il Dibba si infuriò con il genitore. Ma tutto sommato andò bene. La norma Bonafede (carcere per gli evasori) non era all'ordine del giorno.

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