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Colombia, l'ex guerrigliero marxista ora sogna di diventare presidente

Gustavo Petro ha ottenuto oltre il 40% dei voti e al ballottaggio se la vedrà contro l'ex sindaco di Bucaramanga Rodolfo Hernandez

Colombia, l'ex guerrigliero marxista ora sogna di diventare presidente

Ieri i colombiani sono andati alle urne per scegliere il loro presidente per i prossimi 4 anni. Dai primi primi exit poll usciti poco prima della nostra chiusura, nessuno dei sei candidati in lizza ha ottenuto più del 50% dei voti validi ma, il grande favorito nel ballottaggio del prossimo 19 giugno è di certo l'ex guerrigliero marxista, Gustavo Petro, che ha ottenuto oltre il 40% dei suffragi grazie all'appoggio della coalizione Pacto Histórico, che ha riunito una trentina di sigle sinistrorse, compresa l'ex guerriglia delle Farc. La sua vittoria è storica, visto che mai in Colombia la sinistra aveva vinto un primo turno presidenziale.

Petro ha fatto molto meglio rispetto al 2018, quando aveva ricevuto appena il 25% al primo turno per poi essere sonoramente sconfitto al ballottaggio dal presidente uscente, Iván Duque. Tra venti giorni l'ex guerrigliero dovrà vedersela quasi certamente con Federico «Fico» Gutiérrez, ex sindaco di Medellín, di centro-destra, leggermente davanti a quello che i media hanno ribattezzato il «Trump colombiano», ovvero il populista Rodolfo Hernández, un 77enne ingegnere senza partito che ha fatto della lotta alla corruzione il suo cavallo di battaglia. Il condizionale è però d'obbligo visto che il margine d'errore degli exit poll di ieri sera era ancora troppo stretto. Di certo, al secondo turno gli elettori di «Fico» e Rodolfo, sostenuto anche dal campione di ciclismo Nairo Quintana, si uniranno per votare «contro Petro», ritenuto da molti colombiani troppo vicino alle idee dei defunti Fidel Castro ed Hugo Chávez, sue due grandi idoli nonché amici intimi di gioventù. Per rafforzare le sue possibilità di vittoria entro il prossimo 19 giugno, Petro dovrà tentare di lenire le preoccupazioni degli elettori moderati che, secondo i sondaggi, sono maggioranza e si identificano nel 60% dei casi con il centro. A detta degli analisti, una vittoria al ballottaggio di Petro potrebbe portare ad un aumento dei disordini in quel sottogruppo della popolazione colombiana, pari a circa il 30%, assai preoccupata che l'ex guerrigliero trasformi il paese in uno stato come il vicino Venezuela. Un risultato del genere non è però probabile perché la coalizione del Patto Histórico che lo appoggia non ha la maggioranza in nessuna delle due camere del Parlamento, per le quali si è votato lo scorso marzo.

Petro sarà dunque costretto a costruire delle alleanze più ampie per attuare le riforme da lui promesse in campagna elettorale, un po' come fatto dal presidente cileno Gabriel Boric. La prima è la riforma energetica, che si propone di interrompere la produzione di petrolio, oggi l'esportazione numero uno della Colombia. Petro vuole poi rivoluzionare il fisco in senso distributivo, espropriando i risparmi delle pensioni private ed aumentando le tasse ai ricchi per aiutare i poveri. Sul fronte della politica estera, infine, Petro mette in discussione i principi fondamentali delle relazioni con gli Stati Uniti. Ha criticato infatti la guerra contro la droga di Washington, vuole rinegoziare l'accordo di libero scambio del 2012 con gli Usa e ha promesso di ripristinare buone relazioni con Maduro. Proprio come Chávez nel 1998, infine, giura di non essere comunista e che non farà mai espropri.

Vedremo, il prossimo 19 di giugno, se i colombiani gli crederanno.

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