"Colpiti anche con la scopa La mamma voleva fermarmi"

La confessione al gip di Tony, il patrigno che ha ucciso il bimbo e ferito la sorellina. Contestati i «futili motivi»

"Colpiti anche con la scopa La mamma voleva fermarmi"

M a quale follia. Ma quale interruttore che si spegne. La morte di Giuseppe, il bambino di sette anni massacrato a Cardito, nell'infernale retrobottega di Napoli, dal compagno della madre per la spalliera di un letto rotta saltandoci sopra, non è solo il clic di una testa bacata. È il frutto di una serie di noncuranze, di sottovalutazioni, di perdite di tempo originate dall'ignoranza e dal «contesto familiare degradato», come scrivono gli assistenti sociali in questi casi.

Resta che tra quando Tony Essoubti Badre - ventiquattrenne ambulante di padre tunisino e madre italiana, che nelle foto esibisce sempre lo sguardo torvo di chi non va mai per il sottile - prima del pranzo della domenica ha preso a colpire con calci, pugni e con il manico di una scopa Giuseppe e la sorella di un anno più grande e quando i due bambini sono stati soccorsi sono trascorse almeno due ore. E due ore possono essere un'inezia e possono essere tutto. Specie se hai sette anni, sanguini, agonizzi e chi lo sa se potevi essere salvato. Lui, Giuseppe, non lo è stato: è morto. La sorella Noemi di anni otto è ancora all'ospedale Santobono, se la caverà e gli inquirenti ieri l'hanno interrogata con tutte le cautele del caso per sentire la sua versione dei fatti. Lo rifaranno.

Ieri Tony davanti al Gip del tribunale di Napoli Nord ha confessato. Tutto. Ha raccontato i motivi della sua rabbia, insignificanti. Che non voleva ammazzarli quei bimbetti, e ci mancherebbe. Che è pentito, e ci mancherebbe. Che la madre dei bambini, Valentina Casa, di anni trentuno, ha cercato di fermarlo. Ma lei era terrorizzata, Tony deve essere un tipo dalle ire funeste, tra i due le cose non andavano bene, lei stessa era stata più volte picchiata e non ce l'ha fatta a chiudere il coperchio di quel diavolo e delle sue pentole. Il gip Antonino Santoro non ha potuto che convalidare il fermo del pm ed emettere un'ordinanza di custodia cautelare «per i delitti di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e di lesioni aggravate» nei confronti del giovane. «Lui sta recuperando le energie mentali, piange e si ribella a se stesso. Vedi un morto vivente, uno strazio umano. È così: è una tragedia anche per lui», dice il legale di Tony, Michele Coronella. E forse è vero, forse è così. Ma è inumano provare qualsiasi tipo di empatia per un uomo che fa quello che ha fatto Tony. E non si può non invocare una hybris, una giustizia che non sarà mai abbastanza, dopo tanto schifo.

Perché dopo le botte, ci sono quelle due ore che forse potevano alleggerire il totale di questa storia senza luce. Quando Tony ha smesso di picchiare i due ragazzini (una terza, di anni quattro, l'ha scampata ed è ora in una casa famiglia) non ha subito soccorso le sue piccole vittime. Ha esitato, per incoscienza e per paura di avere dei guai. Ha cercato di porre rimedio da sé, ha tamponato il sangue con degli asciugamani, ha chiamato la sorella per un consiglio, è sceso in strada per trovare un'auto perché lui non ne possiede una, ha acquistato delle pomate in farmacia, ed era come svuotare l'oceano con un cucchiaio. Intanto Giuseppe moriva.

Poi, solo poi, è stata chiamata un'ambulanza. Ne sono arrivate due, entrambe in codice giallo: a loro era stato detto che non era una roba così grave.

Ma quale follia, anche se l'avvocato ha annunciato che forse chiederà una perizia psichiatrica. Ma quale follia.

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