È clamorosa rottura tra presidente della Repubblica e governo a Bucarest, dove sono in corso ormai da tre giorni quelle che i media locali definiscono le più imponenti manifestazioni di protesta dai tempi della caduta del dittatore comunista Nicolae Ceausescu nel dicembre 1989.
Oggetto della rabbia popolare è l'esplicito rifiuto del premier socialdemocratico (meglio sarebbe dire post-comunista, viste alcune personalità chiave che compongono il suo governo) Sorin Grindeanu di ritirare un decreto che ha depenalizzato alcune fattispecie di corruzione, quelle che portino a un danno economico inferiore ai 44mila euro.
Il testo consentirebbe di rimettere in libertà le decine di politici, magistrati e uomini d'affari finiti dietro le sbarre dopo che, negli anni scorsi, le inchieste della magistratura avevano scoperchiato una vera e propria Tangentopoli rumena. Tra i potenziali beneficiari del decreto governativo c'è anche - cosa che ha scatenato la collera dei simpatizzanti delle opposizioni di centrodestra e populista - Liviu Dragnea, il leader del partito socialdemocratico attualmente sotto processo per un abuso di potere che è costato allo Stato circa 24mila euro.
Non è tutto. Il Parlamento controllato dalla sinistra sta per approvare anche un'amnistia, con l'obiettivo dichiarato di ridurre l'affollamento delle carceri. Beneficiari del provvedimento saranno 2.500 persone, ovvero tutti i condannati a pene detentive inferiori ai cinque anni, con l'esclusione degli stupratori e dei criminali recidivi. Tra loro si contano numerosi politici del Psd che erano stati condannati negli anni scorsi per reati di corruzione. Così, facendo uscire di prigione i corrotti condannati e rendendo impossibile l'incarcerazione di chi ruberà «senza esagerare» da domani in poi, si otterrebbe un perverso capolavoro a vantaggio dei disonesti.
Il ministro della Giustizia Florin Iordache si è autosospeso dopo aver cercato di giustificare i provvedimenti che hanno portato in piazza a Bucarest 250mila persone, mentre il presidente Klaus Iohannis si è schierato con i dimostranti e ha chiesto al governo di rispettare la legalità.
Un monito a «non rovinare la reputazione della Romania» è giunto anche da sei Paesi alleati dell'Ue e della Nato, tra cui Germania e Stati Uniti.
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