Non è solo Filippo Sensi, l'onnipresente portavoce del premier, a fare scena muta con i giornalisti meno graditi alla corte del «giglio magico». Lo stesso Matteo Renzi, talvolta, utilizza il silenzio come mezzo di comunicazione. Non nei patri confini, però, giacché non passa giorno senza che l'onnipresente capo del governo non ostenti la propria visione del mondo.Alla loquacità romana fa, tuttavia, da contraltare il riserbo dei summit europei. Un particolare pressoché ignoto giacché tv e media nazionali riportano le sue frasi di circostanza in quelle occasioni. Particolare che sarebbe sfuggito se il CorrierEconomia (l'inserto settimanale del quotidiano di Via Solferino) in un articolo seminascosto a pagina 19 e intitolato La strategia mediatica dei premier in Europa (per non irritare Palazzo Chigi) non avesse fatto luce. «Renzi tende a fornire poche risposte sulla sua attività a livello Ue», ha scritto il corrispondente da Bruxelles, Ivo Caizzi, aggiungendo che «quando si sottopone alla conferenza stampa di rito, raggruppa le domande e le usa come spunto per lunghi monologhi simil-comizio» e non concede il diritto di replica che spetta agli interroganti. Insomma, Matteo svicola nonostante gli incontri con i giornalisti siano l'unica vera occasione per spezzare pubblicamente la cortina fumogena che i leader europei fanno salire attorno alle loro riunioni.Angela Merkel, la vera numero uno dell'Unione Europea, sfrutta le conferenze stampa per offrire all'opinione pubblica europea la sua Weltanschauung al punto da offrire all'uditorio la traduzione simultanea in inglese. L'esempio è seguito anche dal presidente francese François Hollande e dal premier britannico David Cameron. Matteo Renzi, invece, tende a fare il pesce in barile. E l'articolo narra un episodio emblematico di questa «chiusura» comunicativa. Nel summit a Malta sull'emergenza migranti il presidente del Consiglio è rimasto per vari minuti in silenzio dinanzi alle domande degli inviati italiani a causa del ritardo dell'auto blu.L'atteggiamento si spiega solo analizzando la matrice dello storytelling renziano, cioè il suo spin doctor Filippo Sensi. È stato lui a sostituire il tavolo della conferenza stampa nella saletta riservata all'Italia a Bruxelles con un podio dal quale Renzi conciona fornendo la sua versione degli eventi. La comunicazione renziana è diventata sempre più unidirezionale, proprio come un tweet. Il messaggio, oracolare, ha in sé la risposta. La possibilità di un «disturbo» non previsto deve essere azzerata sul nascere. Di qui i simil-comizi sia che si tratti di una conferenza stampa sia che si tratti di un'intervista sui quotidiani o in tv.Questo meccanismo finora ha funzionato perché, salvo rare eccezioni (e tra queste il Giornale), pochi hanno messo in questione il peso politico internazionale di Renzi.
Quei simil-comizi distolgono l'attenzione dai fallimenti sul dossier immigrazione, dalle sconfitte sui salvataggi bancari (pagati dai risparmiatori perché l'Europa ha proibito l'uso dei vecchi metodi) e dalla puntuale genuflessione alle ragioni di Berlino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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