diG li ogm sono una bestemmia. Il contachilometri del mangiar bene è tarato sullo zero. La sinistra riformista, sempre in bilico fra innovazione e conservazione, dà il meglio di sé a tavola. La svolta che solo Matteo Renzi, con un ritardo abissale da Schroeder e Blair, ha finalmente impostato sul suo navigatore è un fatto compiuto davanti al piatto. Carlin Petrini e il suo Sloowfood, poi «prezzemolo» Oscar Farinetti e il suo inarrestabile Eataly, ormai un marchio mondiale, e ancora il Gambero rosso, hanno spostato probabilmente più voti di mille comizi della vecchia guardia dei D'Alema, delle Bindi e via elencando. Soprattutto i loro menu hanno aperto più portafogli che nemmeno una settimana alla festa nazionale dell'Unità, fra piadine, cotechini e risottate. Si sa, spesso le buone idee attirano come calamita il denaro e oggi ci si chiede se la passione abbia preceduto il business o viceversa. È la sinistra che è riuscita nella capriola impossibile: essere insieme golosa e salutista. Una cosa è sicura: il rosso ai fornelli è un brand strepitoso, immacolato a differenza di quello impantanato nelle miserie della politica, attorcigliato sull'articolo 18 e sulle fumate sempre più nere per la Consulta, e di quello sindacale, sprofondato in battaglie che molti considerano retrograde. Con la testa voltata all'indietro, verso un mondo che non c'è più. Se leggi una recensione su Repubblica del profeta del mangiar sano Petrini, se entri in uno dei locali à la page spuntati come funghi dalla mente ipercreativa di Farinetti, se ti sintonizzi sulle ricette del Gambero rosso, ti senti dalla parte giusta. Coniughi palato e buoni sentimenti, ti senti in armonia con la natura, ti pare di essere se non politicamente almeno biologicamente corretto. Insomma, hai svoltato, anche fisicamente indirizzato come sei da guide più precise di un tomtom, loro intanto fanno un affarone. Così questa tendenza è lo specchio della sinistra di oggi: dai salotti, che ormai sono fuori contesto e non funzionano più nemmeno dalle parti di Mediobanca, alle salette. Possibilmente riservate, perché è giusto contaminare veltronianamente i sapori ma l'arte dello stare bene a tavola è pur sempre elitaria. Richiede sensibilità, educazione, cultura, una moderata inclinazione al saper spendere. Tutti concetti che fuggono dai numeri seriali da picnic di Pasquetta o da coda in autogrill sulla rotta delle vacanze.
Certo, la predicazione è democratica e rivolta a tutti, a quell'entità che una volta si chiamava popolo, ma le tavolate senza fine vanno bene per le sagre e gli happening. Sono il primo gradino, basico, poi chi può si eleva: scende con la forchetta nel piatto e sale in alto con il calice. Dalla sinistra al caviale a quella della bollicine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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