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Dal commesso violento all'ex partigiano. Quegli altri suicidi che scossero il Senato

Nel 1900 un dipendente si tolse la vita dopo aver aggredito due parlamentari

Dal commesso violento all'ex partigiano. Quegli altri suicidi che scossero il Senato

Roma. Quando al Senato si muore. Non è la prima volta che la Camera alta diventa la scena di un suicidio. Prima del senatore Bruno Astorre ci sono stati almeno altri due casi clamorosi e dimenticati che hanno avuto per protagonisti un ex parlamentare e un dipendente del Senato.

Il caso più clamoroso è avvenuto un venerdì di 123 anni fa nel giugno del 1900, quando un commesso di Palazzo Madama si è tolto la vita a pochi passi dall'aula nei giorni dell'inaugurazione della legislatura, il 15 giugno di quell'anno.

I protagonisti del fatto sono il commesso Achille Polidori e i due senatori questori che si stanno occupando della seduta inaugurale della XXI legislatura. Si tratta dei senatori Giovanni Barracco e Luigi Gravina. I due parlamentari stanno sistemando i fiori nella tribuna del Senato. Il commesso Achille Polidori, che in passato era stato punito dall'ufficio della Questura del Senato perché non aveva voluto tagliarsi la barba ed era stato di fatto messo da parte, si scaglia con un catenaccio di ferro contro il senatore Gravina che cerca di difendersi e grida al commesso «Assassino!». Corre in suo aiuto il senatore Barracco che rimedia dal commesso altri colpi, fortunatamente non mortali. A quel punto il dipendente del Senato si rende conto della gravità del suo atto e si getta nel cortile interno del Senato morendo sul colpo.

La notizia genera un grosso allarme nei palazzi della politica romana perché alcuni giornalisti pensano che ad essere colpito è stato il presidente del Senato Giuseppe Saracco, che in quella legislatura ricoprirà contemporaneamente anche la carica di presidente del Consiglio.

Il gesto di Polidori è dovuto alla sua personalità inquieta e alla difficile condizione economica. Quella mattina il cassiere del Senato Fortunato Piperno gli aveva dato un anticipo di 80 lire sullo stipendio e gli aveva dato la ricevuta al commesso che aveva la mano che gli tremava, preludio per quello che sarebbe accaduto poco dopo. Il secondo caso si è verificato a Palazzo Giustiniani il 21 febbraio del 1973, quando l'ex senatore comunista Enrico Mini (nel tondo), esponente della Resistenza e dell'antifascismo si uccide con un sacchetto di plastica nel suo ufficio a Palazzo Giustiniani. Dopo aver fatto parte della Consulta Nazionale, dell'Assemblea Costituente ed essere eletto per tre legislature al Senato e una alla Camera, Minio si occupava delle pratiche previdenziali del senatori.

La notizia della morte del senatore Enrico Minio, che era stato comunque un esponente di grande rilievo nella storia del Pci del secondo dopoguerra, non finisce nemmeno sulla prima pagina de l'Unità. Solo a pagina 2 del quotidiano del Pci l'ex senatore viene ricordato con un articolo nel taglio basso.

Proprio pochi giorni fa, il 23 febbraio scorso, il Comune di Civita Castellana, aveva commemorato i cinquant' anni della scomparsa di Minio ricordando la figura del sindaco operaio che aveva fatto parte della Resistenza.

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