Milano Due casi gemelli, ma non per la giustizia italiana. La revoca della sentenza Contrada rappresenta una buona notizia anche per Marcello Dell'Utri, ma è presto, molto presto per cantare vittoria. Anzi, la strada si annuncia ancora lunga, in un logorante gioco dell'oca, fra ricorsi, bocciature, nuove istanze. «Sulla carta - spiega il professor Tullio Padovani, già ordinario di diritto penale alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa - la condanna di Dell'Utri dovrebbe essere cancellata subito, oggi stesso. Infatti nel momento in cui la Corte di Strasburgo ha fatto tabula rasa del verdetto Contrada ha affermato un principio generale che riguarda tutti quelli che si trovano nella sua posizione». E non c'è dubbio che le due storie siano perfettamente sovrapponibili: identico il reato contestato, il concorso esterno in associazione mafiosa, ma soprattutto coincidono le date. I fatti in questione non vanno oltre il 1992, un dettaglio decisivo che accomuna le due vicende e le mette, almeno sul piano logico, sotto l'ombrello di Strasburgo: la Corte ha infatti stabilito che prima del 1994 il reato non era né chiaro né prevedibile, dunque Contrada non doveva essere processato e tantomeno condannato. «Un principio di civiltà - prosegue Padovani - che vale per l'ex dirigente dell'intelligence, per l'ex parlamentare, per chiunque altro».
Ma qui cominciano le frenate, i distinguo, i cavilli: per la giustizia italiana i due casi non sono cosi uguali e certi automatismi non scattano. Ci sono voluti anni perché a Contrada venissero riconosciuti i suoi diritti, anche Dell'Utri sta seguendo un percorso accidentato e irto di ostacoli. «Ci sono questioni procedurali - continua Padovani - con sconcertanti verdetti che si contraddicono l'un l'altro, e poi c'è un messaggio che filtra fra le righe delle diverse pronunce: Dell'Utri non è il fratello di Contrada. Uno può essere riabilitato, l' altro no». Almeno per ora.
Dell'Utri ha chiesto aiuto a Strasburgo ma la Corte è sommersa dai dossier tricolori e ha un arretrato pauroso. La partita si gioca in Italia, fra la Sicilia e la Capitale. Finora tutte le porte si sono chiuse, ora la vittoria di Contrada dà una nuova chance al fondatore di Publitalia, in cella a Rebibbia da tre anni e con una pena complessiva di 7 anni. «Anzitutto - fa il punto lo studioso che lo assiste - per scrupolo chiederemo la revisione a Caltanissetta, anche se questo strumento non ci pare il più adatto. Ma soprattutto attraverso il cosiddetto incidente di esecuzione proporremo ancora la revoca della condanna alla corte d'appello di Palermo. Finora ci hanno sempre risposto picche ma, batti e ribatti, può darsi che alla fine ci ripensino». Se Palermo dovesse rimanere sulla linea del no, si andrà in Cassazione, come Contrada che alla fine ce l' ha fatta. «Inutile farsi illusioni - conclude il luminare - ci vorranno ancora mesi, forse anni.
Contrada ha scontato tutta la pena prima che le sue ragioni fossero ascoltate, forse Dell'Utri ha in tasca qualche frammento di verità quando sostiene di essere un prigioniero politico». Che intanto è in condizioni di salute sempre più precarie. E proprio per questo potrebbe essere spedito a casa dai medici prima che dai magistrati.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.