Cronache

Condannato il figlio di Vasco Il cantante: "Io credo in lui"

Accusato di omissione di soccorso: "Pago la notorietà della mia famiglia". Il padre: "Sentenza ingiusta"

Condannato il figlio di Vasco Il cantante: "Io credo in lui"

Papà Vasco voleva una «vita spericolata»; per il figlio Davide - «spericolata» - è stata solo la guida. Errore costato una condanna a 1 anno e 10 mesi (con revoca della patente) per lesioni e omissione di soccorso. Il verdetto si riferisce alla causa intentata per un incidente stradale che risale a 5 anni fa, fortunatamente senza gravi conseguenze se non il lieve ferimento delle due donne (le querelanti) a bordo dell'auto travolta dalla vettura guidata dal primogenito del mitico rocker.

Vasco (per i fan, Blasco) e Davide, ovviamente, all'anagrafe fanno entrambi «Rossi»: cognome - almeno nel loro caso - dalla celebrità inversamente proporzionale all'anonimato dei tanti comuni «signor Rossi» (Valentino escluso).

La sentenza emessa dalla Procura di Roma non è piaciuta a Rossi junior, 35 anni (definito su Wikipedia «attore italiano, figlio del cantante Vasco Rossi»), ma è stata contestata anche da Rossi senior, 69 anni. Risultato: padre e figlio si sono trovati d'accordo nel «cantarle» al giudice, reo di aver usato la mano troppo pesante nella quantificazione della pena; accusa infondata, considerato che il pm aveva chiesto per l'imputato 2 anni e 8 mesi (cioè 10 mesi in più rispetto alla pena effettivamente irrogata). Circostanza che però non è bastata a fermare lo sfogo via social di Davide Rossi: «Sono indignato, è morta la giustizia. C'era anche un cid firmato a testimoniare tutto, hanno preso i soldi dell'assicurazione, è veramente assurdo, non me lo spiego».

Fine dell'«indignazione»? Macché, Davide Rossi è irrefrenabile: «Purtroppo penso che questo sia avvenuto anche perché mio padre è una persona in vista. Faremo appello e speriamo che la giustizia alla fine trionferà».

E la reazione di Vasco? Il Blasco, da parte sua, non arriva a «indignarsi», né a tirare in ballo «la morte della giustizia», però non rinuncia anche lui a una sonora microfonata contro la toga che ha macchiato la fedina penale dell'amato figliolo: «Sono amareggiato per la sentenza che mi sembra profondamente ingiusta perché sono state accolte solo le tesi dell'accusa. Sono convinto che Davide ha detto la Verità e ho fiducia nella magistratura che, spero, ristabilirà in appello la Verità» (con tanto di «V» maiuscola ndr).

Lo schianto dello scandalo avvenne il 16 settembre 2016 a Roma in zona Balduina. In base al capo di imputazione «Davide Rossi non si fermò allo stop, scontrandosi poi con un'auto su cui viaggiavano due donne che riportarono ferite». E dopo lo scontro il figlio del cantante «si allontanò dal luogo dell'incidente senza prestare soccorso».

Ma perché Davide Rossi si comportò così? Tutto, secondo lui, sarebbe la conseguenza di un «grande equivoco». Nel corso del processo, si è infatti sempre difeso affermando di «avere chiesto al suo amico (che era il auto con lui) di fare il cid» e di «essersene andato con la ragazza che era in auto con noi perché era molto scossa dall'incidente». E poi: «Sapendo che stavano facendo il cid ero tranquillo. Non navigo nell'oro e non ho un lavoro stabile. I giornali hanno scritto cose allucinanti su di me ma mi prendo pregi e difetti di essere figlio di Vasco».

Con Davide Rossi è stato condannato a 9 mesi pure Simone Spadano (quello che «doveva occuparsi del cid» ndr), accusato di «favoreggiamento per avere dichiarato il falso affermando che era lui al volante al momento dell'incidente».

Il suo avvocato promette battaglia: «Abbiamo tutte le carte per dimostrare la nostra estraneità, ricorreremo in appello». Non è chiaro se, fra «tutte le carte», ci sia anche il fantomatico e famigerato «cid» che, per la cronaca, altro non è che il modulo che, in caso di «sinistro», va compilato per la «constatazione amichevole di incidente».

«Amichevole» si fa per dire

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