Condannato da innocente Ed Equitalia lo "beffa"

Finisce in carcere per quasi due anni, ma poi viene assolto e risarcito con 91mila euro. L'Agenzia tributaria gli blocca l'assegno per incassarlo. A tempo di record

Condannato da innocente Ed Equitalia lo "beffa"

È una storia imbarazzante. Da far arrossire di vergogna lo Stato. Lo Stato, che per recuperare vecchi crediti, porta via a un cittadino la somma che lo stesso Stato gli aveva liquidato per averlo tenuto da innocente in cella.

È un gioco del domino. Maligno. Anzitutto l'errore, spaventoso: 654 giorni in cella per traffico di stupefacenti prima di essere assolto dal tribunale e ancora assolto in appello. Poi la mossa fulminea di Equitalia che corre a mettere le mani sull'assegno staccato dal ministero dell'Economia per indennizzare l'ingiusta detenzione: 91.560 euro. Forse nella pur incredibile storia patria qualcosa del genere non era mai accaduto. E invece anche questa barriera è caduta: vittima Enrico Mario Grecchi, cinquantunenne di Lecco. È lui a dover sperimentare che le diverse articolazioni della macchina pubblica, quando vogliono, sono in grado di dialogare, di scambiarsi informazioni e pure i soldi. Che passano sopra la testa e le proteste di Grecchi. Ma forse, per una volta, Equitalia dovrà fare marcia indietro. L'eccesso di zelo è diventato un boomerang. La Commissione tributaria, sollecitata da Grecchi, ha infatti dichiarato nulla la «manovra» di Equitalia e ha ordinato di dare finalmente gli euro alla persona cui erano destinati.

Una vicenda all'italiana, contorta, dal sapore della beffa, giocata in uno stordente andirivieni di giudici, giudici tributari, burocrati e via elencando.

L'antefatto è ovviamente la carcerazione di Grecchi che viene coinvolto in un'operazione contro il traffico di stupefacenti. Lo ammanettano il 14 ottobre 2003, esce solo il 28 luglio 2005. Seicentocinquantaquattro giorni in cella. Un abisso. Per scoprire poi che gli indizi erano inconsistenti: l'unica colpa di Grecchi era quella di aver coltivato l'amicizia sbagliata con un pregiudicato. Ma anche la parola amicizia è eccessiva: in realtà si trattava solo di telefonate e a chiamare non era mai Grecchi. Poco importa. Alla fine il malcapitato esce pulito dalla terribile storia e chiede l'indennizzo per l'ingiusta detenzione. E qui Grecchi, appena uscito dal carcere, entra nel più classico dei labirinti all'italiana. E inizia un percorso senza fine fra provvedimenti contraddittori che fanno a pugni gli uni con gli altri.

La Corte d'Appello richiama anzitutto quel rapporto sbagliato per negare l'assegno. Il comportamento imprudente, «gravemente colposo» di Grecchi fa sì che non gli debba essere concesso un solo centesimo. La Cassazione, interpellata dall'avvocato Ermanno Gorpia, capovolge la situazione: non è che un'amicizia, ammesso che la si possa definite tale, può spiegare quel che spiegare non si può. Semplificando ma non troppo: Grecchi non è andato in galera per colpa sua. Quindi i soldi gli devono essere concessi, ma con uno sconto a favore dello Stato che in qualche modo è stato indotto in errore dall'atteggiamento un po' troppo disinvolto dell'uomo. Risultato: la tariffa media quotidiana per un giorno di ingiusta detenzione, 235,83 euro, viene abbassata a 140 euro. Per un totale di 91.560 euro.

Fine del groviglio? Neanche per idea. Perché in agguato, pronta a scattare, c'è Equitalia. Che sventola le cifre di vecchie tasse mai pagate da Grecchi. E fra interessi e tutto il resto pretende da lui 67.056,21 euro. In pratica quasi tutto quello che gli è appena stato riconosciuto.

Attenzione: cosa fa Equitalia? Semplice. Si rivolge al ministero dell'Economia che dovrebbe finalmente versare l'assegno e pignora il gruzzolo. Con sconcertante rapidità e senza ascoltare le proteste di Grecchi il ministero gira il tesoretto - i 91mila euro - a Equitalia e il tribunale di Lecco ci mette il timbro sopra. Pare incredibile ma quando vuole l'Italia, burocratica e cavillosa fino alla contorsione, sa fare squadra, compensa a suo favore crediti, vecchi, e debiti, nuovi, riesce a spremere un poveraccio già spremuto fino all'indecenza.

Fine dei giochi? No, perché l'avvocato Gorpia, cocciuto quanto e più di Equitalia, fa ricorso alla Commissione tributaria. E i giudici scoprono che Equitalia ha voluto strafare.

Le cartelle reclamate erano state notificate a Grecchi il 19 giugno 2001, il pignoramento è del maggio 2013. La prescrizione è decennale: troppo tardi. L'atto viene dichiarato nullo. Equitalia deve restituire i soldi che ha portato via. Si attende la prossima mossa.

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