Non è la conferenza stampa della separazione, né quella della riappacificazione. Giuseppe Conte prende tempo, butta la palla in tribuna e consegna un ultimatum a Beppe Grillo. Detta le «condizioni imprescindibili» per la sua presenza e tenta di imporsi come il leader che vuole rinnovare il M5s, in contrapposizione a Grillo, il vecchio patriarca. L'ex premier scopre tutto d'un tratto le debolezze e le «ambiguità» del Movimento. Si sveglia all'improvviso da un sonno durato quattro mesi, da quando ha accettato di imbarcarsi in una rifondazione grillina che però si sapeva che non potesse fare a meno del fondatore. Quel Garante che non è un semplice «presidente onorario», come immagina Conte, ma che non a caso si è auto-investito del ruolo di «Elevato». E allora l'avvocato sembra atterrato direttamente da Marte al Tempio di Adriano a Roma, quando parla di un «equivoco di fondo». Un malinteso. «Io credo che non abbia senso imbiancare una casa che necessita di una profonda ristrutturazione - dice Conte - Beppe mi è sembrato ritenere che tutto gli vada bene così com'è, solo con moderati aggiustamenti». Insomma, Grillo è «un visionario carismatico», ma anche un potenziale «genitore padrone» che vuole distruggere «la sua creatura» pur di non lasciarla libera di evolversi. Eppure il comico è anche lo stesso leader politico che ha autorizzato la nascita di un governo con il Pd e di uno con alla guida Mario Draghi e sostenuto dall'odiato Silvio Berlusconi. Il punto, piuttosto, è che vuole continuare a essere lui il motore del cambiamento. «Deve decidere se essere un genitore padrone o un genitore generoso», dice l'avvocato al comico. «Ho elaborato uno Statuto con pesi e contrappesi, ma che preservi l'agibilità politica del leader di turno», va avanti Conte, tornato alla cravatta dopo la breve parentesi scravattata della visita a Napoli per sostenere Gaetano Manfredi. Rivela di aver avuto «un fitto scambio di mail con Beppe Grillo». Tante proposte discusse, «alcune le ho accolte con favore, altre non posso accoglierle perché alterano il disegno e generano confusione». Quindi forse il colpo più duro assestato a Beppe: «Lui sarà sempre il Garante ma il suo ruolo sarà inserito in un contesto di differenza tra la filiera della leadership, la filiera della garanzia e quella del controllo, su questo aspetto non ci possono essere mediazioni, perché occorre una leadership solida, non serve una diarchia, una forza politica non può basarsi su un leader ombra e un prestanome e in quel caso il prestanome non posso essere io». Solo alla fine Conte specifica che quando parlava di prestanomi non si riferiva all'ex capo politico Luigi Di Maio.
Di fatto però l'avvocato ambisce a diventare elevato. È convinto di essere il salvatore della Patria, dice di non volersi prestare a «operazioni politiche invischiate in vecchie ambiguità». Usa il bastone e la carota con Grillo - lasciando aperto più di uno spiraglio per l'accordo - ma accusa i big del vecchio gruppo dirigente, seppure senza farlo esplicitamente. «Credo che Conte si sia montato la testa», dice a caldo al Giornale un parlamentare grillino filo-governativo. L'ex premier invece smentisce la tentazione del suo personale «Papeete» anti-Draghi. «Io sin da subito ho cercato di favorire la nascita del governo Draghi, oggi dobbiamo lavorare sul Pnrr che è prioritario, nessuno immagini che io personalmente abbia qualche diffidenza nel sostenere questo governo», spiega. Un messaggio rassicurante inviato anche al Pd, spaventato negli ultimi giorni dalle sirene di un Conte anti-governativo. Proprio ai dem Conte manda altri segnali, anche in previsione di una possibile rottura con Grillo. A Napoli aveva seppellito l'alleanza organica con il centrosinistra, mentre al Tempio di Adriano resuscita «il campo largo contro la destra» e «con tutte le forze politiche che si sono dimostrate sensibili al nostro slancio innovatore». Sottolinea che andrà anche «da cittadino» a Napoli per dare una mano al candidato di Pd e M5s Manfredi. Lascia aperta per se stesso l'ipotesi del «federatore».
I contiani fino al primo pomeriggio ripetevano «non vogliamo una diarchia, speriamo in un passo indietro di Beppe», ma si tratterà fino all'ultimo secondo utile per evitare il big bang. Il boccino adesso è nelle mani del Garante.
L'ex premier consegnerà oggi a Grillo e Vito Crimi lo Statuto che ha elaborato e chiede che gli iscritti si esprimano «con un voto» sulla sua proposta. Sfida il comico, anche se dice di «avere il senso dell'ironia» e liquida gli affondi del fondatore alla stregua di «battute irriverenti».
«Non sono permaloso, non ho mai chiesto le pubbliche scuse», continua. E però tiene il punto: «Non posso impegnarmi in un progetto a cui non credo, il M5s adesso non ha una leadership». E un partito di Conte? «Non ho un piano B», risponde. Sarà un'altra serata di trattative.
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