"La conferma ai vertici di De Pasquale? Sono stupito, non dimentico mio padre"

Stefano Cagliari, figlio di Gabriele, morto suicida: "Per molti magistrati il carcere è solo una forma di tortura psicologica"

"La conferma ai vertici di De Pasquale? Sono stupito, non dimentico mio padre"

Un piccolo inciampo in una carriera impeccabile: questo, per il consiglio giudiziario di Milano, è stata la gestione «non imparziale» del processo Eni da parte di Fabio De Pasquale, il procuratore aggiunto della Repubblica cui il Csm è chiamato a rinnovare per altri quattro anni il suo importante incarico. Il consiglio giudiziario - che del Csm è la filiale locale - ha approvato quasi all'unanimità la risoluzione a favore di De Pasquale. A questo punto la riconferma appare scontata, nonostante il magistrato sia attualmente a processo a Brescia per avere tenuto nascosti, proprio nel corso del processo Eni, elementi che avrebbero portato i giudici a dubitare della fondatezza dell'accusa.

Poca cosa, dicono i suoi colleghi, rispetto ai trent'anni di carriera. In teoria, il giudizio avrebbe dovuto essere basato solo sui quattro anni in cui De Pasquale ha occupato il posto attuale, e in cui la vicenda Eni ha avuto un ruolo preponderante. Ma anche se si guarda ai precedenti, è difficile glissare su vicende che oggi fanno dire all'architetto milanese Stefano Cagliari: «Cosa ho pensato quando ho letto della riconferma di De Pasquale? Sono rimasto stupito».

Non è una reazione irrilevante, lo stupore dell'architetto Cagliari. La sua storia incrocia quella di De Pasquale trent'anni fa, nella primavera del 1993, quando il giovane pm messinese, da poco arrivato a Milano, fa arrestare suo padre: Gabriele Cagliari, socialista, presidente dell'Eni. Dopo 134 giorni a San Vittore, Cagliari si uccide infilando la testa in un sacchetto e lasciando alla moglie Bruna e ai figli una lettera d'addio. «La convinzione che mi sono fatto è che i Magistrati considerano il carcere nient'altro che uno strumento di lavoro, di tortura psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione, o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente».

Secondo il legale del manager, il crollo era avvenuto dopo un ultimo interrogatorio in cui De Pasquale aveva promesso a Cagliari la libertà. Il pm ha sempre negato la promessa, è finito sotto inchiesta per abuso d'ufficio ed è stato prosciolto. Gli ispettori mandati a Milano dal ministro di allora, Giovanni Conso, conclusero che non aveva mancato in nulla ai suoi doveri.

Eppure la morte di Cagliari è rimasta ad aleggiare per decenni sulle polemiche sulla giustizia, esempio drammatico delle conseguenze del carcere preventivo. Così è inevitabile che ora a quell'episodio si ripensi, visto che il parere favorevole a De Pasquale abbraccia anche quel periodo. Fu imparziale, allora? «Io posso solo dire - risponde il figlio di Cagliari - che il comportamento di De Pasquale fu strano. Non c'era nessuna esigenza investigativa che impedisse che a mio padre venissero concessi i domiciliari».

Da allora molte inchieste si sono avvicendate, De Pasquale ha inanellato successi come (unico in Italia) la condanna in via definitiva di Silvio Berlusconi e insuccessi ingombranti come il fiasco

dei processi Eni. Tutto inevitabile, nella dinamica dei processi, fatta anche di ostinazione e accanimento. Ora però è imputato per essere andato più in là, di avere violato le regole del gioco. Vediamo cosa dirà il Csm.

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