In questo periodo, per Donald Trump, gli attacchi piovono da tutte le parti. L'ultimo è arrivato da Patti Davis, la figlia ormai 65enne dell'ex presidente repubblicano Ronald Reagan. In un articolo sul Washington Post l'ex «first daughter» ha raccontato, per la prima volta dopo quarant'anni, di quando da ragazza fu vittima di una violenza sessuale. E lo ha fatto per rispondere a Trump che il giorno prima, con una serie di tweet aveva attaccato la donna che accusa dello stesso tipo di reato il giudice Brett Kavanaugh appena nominato dallo stesso Trump alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Il tycoon aveva messo in dubbio le accuse della docente universitaria Christine Blasey Ford - secondo cui Kavanaugh avrebbe tentato di violentarla quando erano al liceo - affermando come non sia credibile che lei non ricordi alcuni dettagli di quell'episodio. Proprio in queste ore la Ford sta decidendo se testimoniare o meno. «Io non mi stupisco per nulla che per oltre trent'anni non abbia parlato di quest'aggressione - ha scritto la figlia di Reagan -, io stessa non ho mai raccontato nulla a nessuno per decenni: non ad un'amica, non a un fidanzato, a uno psicanalista o a mio marito quando mi sono sposata». E ha aggiunto di non trovare affatto strano il fatto di non ricordare tutto alla perfezione: «È importante capire come funziona la memoria negli eventi traumatici, anche io non ricordo i dettagli». Dopo aver rivelato che ad abusare di lei fu un importante manager musicale nel cui studio si era recata per fargli ascoltare alcune canzoni scritte da lei, la Davis ha raccontato: «Non ricordo che mese fosse, non ricordo se la sua assistente fosse presente e non ricordo di cosa abbiamo parlato, ma quello che è successo dopo è rimasto indelebile. Ha attraversato la stanza, era di fronte a me, era su di me, così velocemente, con le sue mani sotto la gonna e la sua bocca sulla mia. Sono rimasta congelata, e distesa mentre entrava dentro di me».
In attesa di scoprire se Trump replicherà anche a lei, ieri durante un comizio in Missouri «The Donald» si è scagliato conto Rod Rosenstein, il vice ministro della Giustizia che secondo i media americani avrebbe tramato per destituirlo per motivi di inadeguatezza. Senza citare il nome di Rosenstein (che è colui che ha nominato Robert Mueller come procuratore speciale alla guida delle indagini sul «Russiagate») Trump ha tuonato: «Al dipartimento di Giustizia abbiamo grandi persone ma anche alcuni davvero pessimi, c'è un fetore persistente e ci disferemo anche di quello».
Rosenstein, secondo New York Times e Washington Post, nel maggio 2017 suggerì di registrare segretamente le conversazioni col magnate e propose di reclutare membri dello staff per raccogliere informazioni da usare per rimuoverlo dall'incarico appellandosi al 25° emendamento. Alle elezioni di «Midterm» manca ancora un mese e mezzo, ma per Trump il percorso sembra essere quotidianamente minato.
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