La Confindustria dice sì: "Flat tax primo passo verso la riforma fiscale"

L'ok del presidente Boccia alla proposta di Forza Italia: aiuta imprese e lavoratori

La Confindustria dice sì: "Flat tax primo passo verso la riforma fiscale"

A Confindustria piace la flat tax. «È un buon concetto nella logica di rivedere il sistema per una riforma fiscale in Italia che dovrebbe partire dai cosiddetti produttori, cioè imprese e lavoratori», ha spiegato ieri il leader degli industriali, Vincenzo Boccia. L'aliquota unica proposta dal centrodestra, infatti, si applicherebbe anche ai redditi di impresa e non solo a quelli delle persone fisiche.

Si tratta di una presa di posizione piuttosto netta da parte di Viale dell'Astronomia, dopo una fase recente che l'ha vista attestarsi su posizioni di retroguardia in ambito politico. Boccia ha colto l'occasione per ricordare l'appuntamento del 16 febbraio a Verona per le Assise generali, riconvocate dopo lungo tempo e che rappresenteranno l'occasione per presentare un'agenda al Paese da interpretarsi come «un programma di medio termine in cui c'è una dimensione di crescita sostenibile e sostenuta», ha aggiunto.

L'understatement di Confindustria, seguito alla sovraesposizione sul referendum costituzionale del dicembre 2016, si sostanzia nel binomio «aumentare l'occupazione e ridurre il debito pubblico», spesso citato da Boccia. Ma proprio la necessità di pubblicizzare l'appuntamento ha messo in evidenza il lato più liberale dell'associazione. Ad esempio, sul tema del lavoro. «Non si passa dal tempo determinato al tempo indeterminato con leggi o regole: occorre rendere meno costoso il tempo indeterminato e non più costoso il tempo determinato», ha proseguito il numero uno degli imprenditori sottolineando che «se un'azienda assume a tempo determinato, è perché ha paura, crede che entro un certo numero di mesi non sia più in grado di sostenere» i contratti. Anche qui è palese la consonanza con il programma di centrodestra che punta sugli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato soprattutto per i giovani.

Sarebbe, tuttavia, semplicistico dedurre da queste tradizionali prese di posizione un pacifico via libera a Berlusconi & C. come accadde a Parma nel 2001 quando il Cavaliere disse: «Il vostro programma è il mio programma». I tempi (e la legge elettorale) sono cambiati e oggi Confindustria non manca mai di ribadire il proprio apprezzamento per due riforme del centrosinistra come il Jobs Act (maturato però in epoca di Patto del Nazareno) e il piano Industria 4.0 del ministro dello Sviluppo Calenda.

Quella di Boccia è una Confindustria da leggere in filigrana, una Confindustria che cerca di essere sensibile alle esigenze della «base» che tradizionalmente collimano maggiormente con le proposte del centrodestra. Non a caso ieri Boccia ha precisato come «dal punto di vista categoriale dovrei dire che bisognerebbe cambiare la legge Fornero, ma toccandola aumenterebbe il debito pubblico: occorre responsabilità».

A prescindere dal contesto politico, infine, non si può trascurare come i recenti rinnovi contrattuali lascino sempre più spazio alla parte aziendale. E questa evoluzione, oltre a rendere meno pressanti i diktat del sindacato, fa evaporare anche la rappresentanza di interessi collettivi in senso stretto.

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