Le campane della guerra e il ritorno della storia

La generazione che ha vissuto una guerra non può dimenticare ed è grazie a loro se abbiamo vissuto in pace fino adesso. Ma oggi che non c'è più nessuno che ricorda la guerra, questa non ci fa più paura

Le campane della guerra e il ritorno della storia
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Nel primo libro degli Annales, Tacito racconta di come il popolo vive i momenti di grandi cambiamenti in cui si scrive la Storia: "A Roma, tutto tranquillo: ricorrevano sempre gli stessi nomi di magistrati. I più giovani erano nati dopo la vittoria di Azio e anche la maggior parte dei vecchi nel pieno delle guerre civili: chi ancora restava che avesse visto la repubblica?".

La domanda di Tacito mi porta a ricordare il tema della guerra che dovremmo avere tutti a cuore se ancora vogliamo vivere in pace. Chi l'ha vissuta ed è vivo ha oltre novant'anni.

I più se ne sono andati. Chi si ricorda gli orrori e le miserie della guerra? Sempre meno persone e, quindi, di fare la guerra si torna a parlare.

Mia zia Nora, nata nel 1927, mi raccontava del volto scuro di mio nonno Pino, quando sentì suonare le campane a martello che annunciavano l'entrata in guerra nel 1940. Lui capiva cosa sarebbe successo essendo stato reduce da diciassette mesi in prima linea nel 15-18 negli Arditi.

Per questo, anche prima, non comprendeva l'entusiasmo dei giovani per l'imminente conflitto. Forse credevano di vincere, ma avrebbero scoperto ben altro.

La generazione che ha vissuto una guerra non può dimenticare ed è grazie a loro se abbiamo vissuto in pace fino adesso. Ma oggi che non c'è più nessuno che ricorda la guerra, questa non ci fa più paura.

È sempre stato così, problemi economici, classi dirigenti inadeguate e popolazione ingenua che docilmente si lascia guidare fino al mattatoio. La lotta antica delle élite contro gli abitanti dei piani sotto.

E, mentre ci preoccupiamo per Gaza, sottovalutiamo quello che sta succedendo in Ucraina e nei Paesi vicini. Prove tecniche per innescare escalation con le quali rischiamo di ritornare indietro di ottant'anni.

Quello che succede ce lo ha già raccontato Céline. Oggi la guerra colpisce terribilmente i civili e ce ne accorgeremo quando, aspettando l'autobus insieme alla massaia, sentiremo l'odore pungente delle sue viscere sparpagliate contro il muro dall'improvviso colpo di un cecchino.

In quel momento terribile realizzeremo di essere sempre stati contro la guerra e contro le sue conseguenze: le nostre case che vengono abbattute e quel dannato nemico che continua a sparare.

In quel momento saremo impotenti, feriti e magari ascolteremo offesi notizie internazionali in cui si parla di un Occidente cattivo, che ha rovinato il mondo ma che, siccome è arrivata la giustizia, ora ha finalmente quel che si merita.

Ma non potremo fare più nulla. Se non vogliamo la guerra è nel nostro interesse scoprirlo ora, prima che i mastini vengano liberati e le regole del vivere civile siano sospese.

Servirebbe un sussulto civile dell'Europa più maturo della sua leadership e contro l'evidente destino segnato dagli interessi opachi del guerra-piattismo.

Altrimenti scopriremo sulla nostra pelle che la Storia non è finita. E può tornare a strapparci via cose molto più importanti di un maledetto smartphone.

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