L'indicazione per il tribunale di Sorveglianza di Roma, che aveva detto no alla sospensione della pena per il detenuto malato di cancro Marcello Dell'Utri è chiara: la decisione deve tener conto dell'aggravarsi delle condizioni cliniche del carcerato. Ergo, il verdetto che ha negato all'ex senatore non la libertà ma la possibilità di essere curato regolarmente va riconsiderato e ripronunciato.
Le motivazioni con cui la prima sezione penale della Cassazione, un mese fa, ha annullato l'ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma che a dicembre aveva gelato le speranze di Dell'Utri e dei suoi familiari, stabilendo che no, l'ex parlamentare poteva benissimo affrontare la radioterapia da detenuto, nonostante l'età - ha 76 anni - e le numerose patologie da cui è affetto (oltre al tumore alla prostata, diagnosticato con molte difficoltà e ritardi mentre era detenuto, è cardiopatico e diabetico) sono state depositate ieri. E sono particolarmente severe nei confronti del colleghi romani del tribunale di Sorveglianza. Per la Suprema corte i giudici avrebbero dovuto «confrontarsi anche con le ripercussioni dell'aggravamento delle condizioni sanitarie e con l'incidenza dei quotidiani trasferimenti in ospedale rispetto a un'esecuzione penale da mantenere nei limiti dell'umanità e della rieducazione». E invece «il percorso motivazionale» dell'ordinanza impugnata dai legali di Dell'Utri «omette» di confrontarsi col quadro sanitario del detenuto. In particolare, «difetta ogni specifica valutazione con riferimento alla più grave diagnosi di natura prostatica e all'impossibilità di eseguire presso centri clinici penitenziari la radioterapia necessaria». Fuor di burocratese legale, Marcello Dell'Utri è un malato di cancro che deve curarsi e di questo si deve tenere il debito conto. Di qui l'annullamento dell'ordinanza di dicembre.
Un'ordinanza dura per Dell'Utri quella impugnata dai legali dell'ex parlamentare, gli avvocati Alessandro De Federicis e Simona Filippi. Anche perché persino i consulenti di parte della procura avevano dato parere favorevole al differimento della pena viste le condizioni di salute. E invece era arrivata la doccia fredda. I giudici avevano ritenuto lo stato di salute di Dell'Utri «fronteggiabile in costanza di detenzione, essendo la radioterapia praticabile mediante ricorso al regime di ricovero previsto dall'articolo 11 del regime penitenziario». Non solo. A febbraio gli stessi giudici avevano anche richiamato il pericolo di fuga, in relazione all'imminente sentenza del processo sulla trattativa Stato mafia (poi arrivata, l'ex senatore è stato condannato in primo grado a 12 anni). E avevano considerato un sintomo di buona salute il fatto che Dell'Utri mantenesse integre le sue capacità intellettive.
Adesso la bacchettata della Cassazione, che impone di riconsiderare complessivamente le condizioni del detenuto.
Marcello Dell'Utri, da poco più di un mese, è ritornato dopo un lungo ricovero in ospedale a Rebibbia, dove sta scontando i sette anni di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa inflittigli dopo un processo lungo quasi 20 anni a Palermo. È in infermeria. Intanto, a Strasburgo, pende il suo ricorso in scia con la sentenza Ue che ha riabilitato Bruno Contrada, sentenza in cui Dell'Utri rientra in pieno.
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