Il pasticcio Consob sembra ancora in alto mare, e anche la candidatura di Paolo Savona, attuale ministro per le Politiche europee, ieri è parsa vacillare.
Non che lui, nonostante la veneranda età, si tirerebbe indietro: figurarsi. E il premier Conte, cui viene attribuita la luminosa idea, sarebbe entusiasta di uscire così dal ginepraio della candidatura Minenna, ormai crivellata di colpi a causa non solo della ferma opposizione del Quirinale (dove l'idea di nominare alla guida di una Authority chi ne è già dirigente viene considerata assai scorretta) ma pure delle gaffe e degli incidenti anche internazionali inanellati dal candidato.
Il Colle, consultato su Savona da Palazzo Chigi, ha fatto sapere di non avere obiezioni sostanziali. Le deleghe del ministro, è l'idea di Conte, verrebbero assunte da lui medesimo, o dal ministro Moavero, e tanti saluti. Savona appare entusiasta: «Ogni tanto mi arriva qualche proposta che mi rimette in circolo», dice soddisfatto. Nel governo, del resto, non tocca palla; i suoi (assai variabili) vaticinii vengono presi in considerazione solo da pochi intimi; e gli tocca anche andare a fare irritanti audizioni in Parlamento, dove gli viene chiesto conto di cose (tipo il Trattato di Dublino, che in teoria dovrebbe rientrare nelle sue competenze) che lo annoiano e che comunque «è stato firmato quando non ero al governo», quindi che si vuole da lui. La presidenza della autorità di Borsa sarebbe un bel colpo: lo tirerebbe fuori dal cono d'ombra, per sette anni (fino ai 90 circa), e lo libererebbe anche dalla frequentazione di colleghi di governo giudicati alquanto inetti. Ma ci sono ostacoli, sia giuridici che - a quanto pare - politici. Dalla Lega ieri arrivavano voci diverse: in pubblico Salvini dice «benissimo Savona», in privato alcuni dei suoi avanzano dubbi: «Savona fuori dal governo? Ipotesi da escludere, innescherebbe un effetto domino da evitare». La Lega non vuole perdere una casella ministeriale, e vuole rinviare il rimpasto a dopo le Europee, quando - se i sondaggi saranno confermati - potrà rivendicare poltrone chiave ora in mano grillina. A cominciare da quelle di Toninelli e Costa, considerati principale ostacolo alle grandi opere.
La nomina sarebbe però ostacolata dalla legge Madia sulla Pa, la quale prevede che un pensionato non possa ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi, se non per un solo anno e a titolo gratuito (cosa durissima da mandar giù, si immagina). Ma c'è anche la legge Frattini sul conflitto d'interessi: a ricordarlo è Filippo Sensi del Pd: «Ai sensi di quella legge Savona non è candidabile alla Consob. Punto. Lo spin di Palazzo Chigi vale per un giro di titoli. Risiamo a Vicolo Corto», ha scritto su Twitter.
Subito si è ringalluzzito il partito grillino pro Minenna, ormai ridotto ai minimi termini: c'è sempre la sua fedelissima Carla Ruocco, il fedelissimo di lei Nicola Morra, il battitore libero in quota Savi di Sion Lannutti e - ciliegina sulla torta - il comunista sovranista Stefano Fassina: «Basta perdere tempo, si nomini Minenna», dicono in coro. A zittirli però arriva il solito jolly della Casaleggio, Di Battista: «Come cittadino, Savona a capo della Consob mi tutelerebbe moltissimo», scolpisce. E la giostra riparte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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