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Conte fa il Napoleone. E il Pd trova l'incidente per ridimensionarlo

Il premier vola nei sondaggi e sogna di fare da sé. Ira dem: gli Stati generali? Una parata

Conte fa il Napoleone. E il Pd trova l'incidente per ridimensionarlo

Il sondaggio sul partito di Conte al 14 e rotti per cento è planato sulle scrivanie di giornali e partiti con oculata puntualità. In un momento in cui, tra caos scuola e improbabili «stati generali dell'economia», su cui ieri è esploso lo scontro tra premier e Pd, l'immagine del capo del governo non appariva proprio smagliante, le cifre della rilevazione Youtrend per Sky servono a mettere agli atti che Conte, forte di un gradimento al 57%, ha acquisito una sua autonoma forza politica che lo può rendere l'ago della bilancia dei futuri equilibri.

A tutto discapito dei suoi alleati: Pd e Cinque Stelle cederebbero molti voti a una ipotetica Lista Conte, precipitando l'uno al 16,4% (ben sotto il magro risultato del 2018 che portò alla defenestrazione di Renzi), l'altro sotto il 10%, ma non potrebbero fare a meno di lui per ricostituire una maggioranza.

Al Nazareno fanno buon viso a cattivo gioco: i dem spiegano che i sondaggi fatti ad anni di distanza da possibili elezioni non hanno alcun valore, dicono che «quando si fa un'alleanza, vincere le elezioni conta più delle singole percentuali», e poi insinuano che quel sondaggio sia stato «suggerito» da Palazzo Chigi, per rispondere ai veleni che contro il premier arrivano quotidianamente dalle varie bande grilline: «Sono loro a mettere in giro voci come la candidatura di Conte a sindaco di Roma o alle suppletive di novembre per un seggio al Senato, per indebolirlo».

Il protagonismo contiano, sempre più privo di freni inibitori, allarma però i suoi supporter. Ieri il premier ha dovuto convocare un vertice di emergenza coi capi-delegazione di maggioranza che lo accusavano di aver improvvisato «senza avvertirci» la boutade degli «Stati generali dell'economia», che rischia di tradursi in «una parata d'immagine senza contenuti veri», ha accusato Dario Franceschini. Mentre serve «tempo» e «coinvolgimento di partiti e forze sociali» per dare «credibilità» ad un «progetto di rilancio che può mettere in campo risorse enormi». Insomma, non può diventare la passerella su cui Conte si esibisce circondato di registi, architetti alla moda e vallette, per auto-celebrarsi come leader della «Fase due», con il sottinteso: «A che serve Draghi se ci sono io?». «Sarebbe una pericolosa buffonata», dicono dalla maggioranza. E infatti Conte ha dovuto fare marcia indietro: gli «stati generali» slittano, e ministri e partiti non ci stanno ad essere tagliati fuori.

Ma tra fughe in avanti e ritirate tecniche, la strategia di Conte per resistere è semplice ma efficace: far mostra di voler smuovere le montagne e «cambiare l'Italia» da cima a fondo, proponendo onirici Piani di Rinascita Nazionale, ma al contempo, nella realtà, non spostare neppure una frasca per evitare il rischio di incrinare i precari equilibri del suo governo. Se ne sono accorti quei dem che nelle settimane scorse, preoccupati per la catastrofica incapacità della ministra dell'Istruzione Azzolina che sta portando al collasso la scuola italiana, hanno chiesto udienza al premier e hanno suggerito una via d'uscita «soft» dall'attuale caos: nominare Patrizio Bianchi, il tecnico messo a capo della task force di consulenti del ministero, commissario straordinario per la riapertura delle scuole. Un modo per bypassare la ministra, senza umiliarla eccessivamente, e tentare di uscire dalla paralisi risparmiando al Paese una figuraccia mondiale.

Ma Conte, pur ammettendo che «il problema c'è» e che lui è «consapevole» dell'inadeguatezza dell'esponente grillina, ha bocciato l'idea: «Il rischio è che poi non ci si fermi lì». Che cioè il commissariamento, sia pure necessario, di un ministro incapace faccia partire una reazione a catena di lotte tra correnti e richieste di rimpasto che destabilizzerebbero il governo. «Azzolina è una protégée di Fico, il presidente della Camera non può accettare che venga messa in discussione. E Fico è supporter di Conte, quindi non gli si può fare uno sgarro», è la spiegazione.

Quindi, pazienza se le scuole non saranno in grado di riaprire a settembre: l'importante è che resti aperto il governo.

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