Giuseppe Conte chiede un incontro a Mario Draghi e pensa alla linea dura anche sulla manovra. Per il capo grillino nell'angolo l'unica soluzione è rilanciare, ma il clima da resa dei conti con il governo e con gli alleati del Pd manda in tilt i gruppi parlamentari. Il presidente del M5s, in un'intervista al Fatto quotidiano, invia messaggi al premier. Come a ribadire che è lui l'unico interlocutore titolato a confrontarsi a nome del Movimento. Perciò auspica un faccia a faccia con l'ex governatore della Bce. Un'occasione utile per discutere dell'esclusione dei grillini dalle nomine del servizio pubblico e tentare di incidere di più in maggioranza. Conte, nello stesso colloquio con Il Fatto, rassicura di nuovo deputati e senatori sulla sua intenzione di non andare alle urne anticipate. Eppure il timore è tornato ad aleggiare a Montecitorio e Palazzo Madama. Tra gli eletti dei Cinque stelle non si fa altro che parlare di una riunione informale che si è tenuta giovedì al Senato con il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli. A botta calda sull'embargo radiotelevisivo si è finito per parlare di Rai, ma è l'altra parte del discorso ad aver seminato il terrore nelle truppe.
Uno dei presenti descrive un Patuanelli insolitamente «guerrafondaio». Il capo della delegazione M5s al governo parla a nome del leader. E quando evoca «10mila emendamenti alla manovra» e minaccia spiegando che «se non ci ascoltano manderemo il Paese in esercizio provvisorio» compare una smorfia di paura nel viso di diversi partecipanti. Oltre al vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai Primo Di Nicola ci sono, tra gli altri, la capogruppo Mariolina Castellone e i senatori Vincenzo Garruti, vicecapogruppo, Sergio Romagnoli, Marco Pellegrini, Laura Bottici. Si racconta di un Patuanelli «che vuole fare casino, che vuole distruggere» e che non ha escluso nemmeno il voto anticipato. «Ci faremo sentire, anche a costo di andare a elezioni anticipate», è l'aut-aut riportato al Giornale da più fonti. Frasi che fanno scattare immediatamente l'allarme nella pancia dei gruppi parlamentari. Perché il rischio della linea dura di Conte sulla manovra è che le minacce al governo allarghino il fossato che separa i vertici dai pentastellati che abitano il Parlamento. Gli eletti fanno della stabilità un mantra e vogliono evitare a tutti i costi qualsiasi tipo di tensione con l'esecutivo. Anche Beppe Grillo segue la partita da lontano, forte del rapporto che è riuscito a instaurare con Draghi. Guardando dentro il Movimento emerge sempre di più la fotografia di un leader scollato dalle esigenze della classe parlamentare.
Così servono a poco gli ultimatum a Palazzo Chigi e sembra impossibile che i Cinque stelle riescano ad esprimere una posizione unitaria sul Quirinale. Nei gruppi sono sempre più convinti che Conte voglia andare al voto e azzerare gli attuali parlamentari, compresi quelli al primo mandato.
Anche per questo motivo non c'è alternativa alla stabilità. «Questa sfida sulla manovra è una follia, così non ci facciamo valere ma facciamo del male al Paese», è la linea della stragrande maggioranza di deputati e senatori.
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