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Conte si sente sotto processo. "Io cicala? Ho sempre lavorato"

Il premier criticato dal giornale amico "La Repubblica" reagisce piccato: "Non abbiamo mai mollato la presa"

Conte si sente sotto processo. "Io cicala? Ho sempre lavorato"

Cicale chi, noi? Macché. «Non siamo andati in vacanza. Non abbiamo mai mollato la presa, non abbiamo oziato e frinito nella canicola». Travolto, sorpreso, sopraffatto dalla seconda ondata, Giuseppe Conte prende carta e penna e si difende. «Non posso accettare che passi il messaggio di un presidente e di un governo che hanno abdicato ai propri doveri approfittando della pausa estiva». Il premier, in calo nei sondaggi, politicamente indebolito, respinge le accuse. Non c'è stata sottovalutazione, sostiene, «non abbiamo la bacchetta magica». Ma troppa attenzione solo alla ripartenza, quella forse sì che c'è stata. Villa Pamphilij, chi l'ha dimenticata? Tanti esperti convocati agli Stati Generali della ripresa, tanti progetti fumosi sulla fase due e nessun intervento per mettere in sicurezza gli ospedali. E i buoni vacanza, i 500 euro di sostegno studiati per sostenere il turismo e che, secondo alcuni esperti, hanno contribuito a riempire le spiagge? E che dire del saggio di Roberto Speranza sul Covid che sembrava sconfitto? «Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute». Doveva uscire a ottobre. Visto l'andazzo, il libro del ministro all'ultimo è stato tolto dagli scaffali. Rinviato a tempi migliori.

Intanto il contagio cresce e altre cinque Regioni stanno passando in zona arancione. Le nuove chiusure metteranno in ginocchio negozi, attività, famiglie. «Il ritardo del governo ha superato il livello di guardia», è la sintesi di Mariastella Gelmini. «La legge di bilancio, approvata salvo intese il 18 ottobre, non è ancora approdata in Parlamento. Il tempo stringe, i deputati devono esercitare le loro prerogative senza l'assillo di mandare il Paese all'esercizio provvisorio». E per Anna Maria Bernini «l'autodifesa è un boomerang». Economia, sanità, lotta al virus, piani di sviluppo, sicurezza di trasporti e scuole: non c'è un settore in cui Palazzo Chigi non sembri in affanno. Conte è sotto attacco. E stavolta non è l'opposizione a criticare la gestione dell'emergenza, non bisogna solo assorbire i continuo distinguo di ampi settori della maggioranza, non c'è soltanto il braccio di ferro con le Regioni sulle zone rosse a complicare la catena decisionale. No, adesso a sparare sul quartier generale sono giornali una volta vicini, come Repubblica.

È proprio un'inchiesta del quotidiano romano sulla seconda ondata, dal titolo emblematico, «Il naufragio», a provocare la reazione piccata del premier. «È fuorviante parlare di un Paese indotto al tana libera tutti estivo dalla complice assenza dell'esecutivo. Non mi sono mai concesso pause, sono rimasto a mezz'ora dal mio ufficio, anche ad agosto sono sempre stato immerso nei vari dossier e nella soluzione dei problemi, avendo cura che la ripresa delle attività avvenisse in piena sicurezza. Se davvero avessimo mollato la presa vivremmo in un lockdown generalizzato e non con interventi dosati sui territori». Poi elenca una sfilza di numeri sui posti in più negli ospedali, i tamponi e i nuovi medici. «Abbiamo le camicie con le maniche arrotolate. Certo, si può mettere in discussione l'efficacia degli sforzi, si può fare di più. Ma questo - ammette - è uno tsunami mondiale e non abbiamo la bacchetta magica».

E da Palazzo Chigi interviene all'apertura dell'anno accademico della Luiss per correggere un po' il tiro: «Saranno mesi non semplici, ma prepariamoci alla rinascita. Sembrano parole poco attuali, però torneremo a una vita più serena».

Ma prima, dice Renato Brunetta, «deve venire in Parlamento e condividere la strategia con noi».

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