Guerra in Ucraina

Il conto della guerra è già a 26,5 miliardi

S&P taglia la crescita: effetti nefasti per i nostri conti. Giorgetti: fare più debito

Il conto della guerra è già a 26,5 miliardi

La guerra tra Russia e Ucraina rischia di costare all'Italia almeno 26,5 miliardi di euro. Si tratta della minor crescita del Pil stimata da Standard & Poor's che ha tagliato di 1,4 punti percentuali le previsioni sull'economia italiana per il 2022. Questo mutato scenario impone un cambio di politica: se il caro-energia dovesse perdurare, sarà opportuno che il governo prenda contromisure adeguate. Da un lato, occorrerà valutare un nuovo scostamento di bilancio per fronteggiare l'inflazione indotta. Dall'altro lato, sarà necessario effettuare una revisione dell'impostazione generale del Pnrr italiano che, sulla base del mutato scenario, non è più realizzabile. È quanto ha sottolineato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, in una video intervista con il direttore del Messaggero, Massimo Martinelli. «Le ripercussioni economiche della guerra russo-ucraina sono tali per cui dovremo considerare l'ipotesi» dello scostamento di bilancio «per aiutare le imprese a reggere l'urto e le famiglie in difficoltà», ha dichiarato il ministro.

Ripercussioni economiche che, come detto, sono state già analizzate da Standard & Poor's secondo cui la crescita dell'economia italiana si fermerà quest'anno al 3,3%, (rispetto al 4,7% previsto dalla Nadef, dunque con una perdita di circa 26,5 miliardi rispetto alle precedenti previsioni) per poi rallentare progressivamente all'1,6% nel 2023 e all'1,3% nel 2024. La dipendenza dal gas russo, osserva l'agenzia di rating è «un problema bruciante». Giorgetti ha perciò sollecitato «decisioni a livello europeo» (come scollegare i prezzi dell'energia dal gas), mentre «a livello nazionale dovremmo immaginare altre forme di intervento di riduzione della tassazione sulle diverse fonti energetiche». Uno scostamento di bilancio diventa così necessario per finanziare questo tipo di misure. Sull'entità il ministro non si è espresso. «È lo sforzo che stiamo facendo di quantificare, delimitare e valutare», ha detto senza smentire le indiscrezioni circa una manovra aggiuntiva da almeno 15-20 miliardi. L'esito tutto sommato interlocutorio del Consiglio europeo di Versailles suggerisce, però, prudenza.

C'è un dato di fatto: il Piano nazionale di ripresa e resilienza così come lo abbiamo conosciuto finora non vale più. «Siccome il Pnrr è nato con una tempistica e con degli obiettivi con scadenze precise mi sembra palesemente impossibile raggiungere qualche gol che è stato posto», ha evidenziato il titolare del dicastero di Via Veneto sottolineando che «con la lievitazione dei prezzi materie prime è impossibile rispettare certi tipi di obiettivi. Tutto il settore delle opere pubbliche è in gravissima difficoltà». Insomma, alla luce della crisi in Ucraina, «alcune cose sicuramente vanno aggiornate rispetto ai pilastri della transizione digitale ed energetico-ambientale». Da qui nasce il totale supporto al premier Draghi nella valutazione dell'atomo come fonte cui attingere per evitare nuovi momenti di difficoltà come quello attuale. «Le fonti rinnovabili sono importanti ma anche il nucleare di nuova generazione deve essere considerato», ha rimarcato.

L'ottimismo si spegne anche sui mercati sono improntati all'ottimismo: la recrudescenza del conflitto e l'annuncio di nuove sanzioni Usa sulla Russia ha frenato i consistenti rialzi di inizio giornata.

Le Borse europee ieri hanno comunque chiuso in rialzo: Francoforte ha guadagnato l'1,6%, Parigi l'1% e Milano lo 0,68 per cento.

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