La sequenza è spettacolare: la telecamera sale su per un albero della foresta pluviale, in primo piano i piedi e le mani degli indigeni che si arrampicano su una rudimentale scala a pioli. Arrivati in cima, entrano in una casetta di legno: qui accendono un fuoco, cucinano, giocano con gli animali domestici. «Di fronte a questa vista - spiega uno di loro - siamo così felici di vivere in questa foresta». Il tutto in equilibrio precario, a 30 metri d'altezza.
Le immagini della tribù dei Korowai della Papua Nuova Guinea, contenute nella celebre serie BBC Human Planet, hanno fatto guadagnare all'emittente inglese che l'ha coprodotto con Discovery il record di 7 nomination ai Bafta, i premi dati alle serie televisive. Peccato che alcune scene clou del documentario in 8 puntate uscito nel 2011 siano state taroccate. Ad ammetterlo a 7 anni di distanza è la stessa BBC. I Korowai protagonisti dell'episodio, si scopre oggi, non utilizzavano davvero quell'abitazione posta così in alto, ma l'avevano costruita dietro specifica richiesta della troupe venuta per raccontare il loro stile di vita.
La verità è emersa grazie a una nuova serie di documentari firmati dalla casa di produzione londinese, My Year With The Tribe, che contiene anche alcune interviste alla stessa tribù del Pacifico. Proprio uno dei membri interpellati ha spiegato che loro vivono, sì, in case sugli alberi, ma non ad altezze così vertiginose: quelle le costruiscono solo «a beneficio dei cameraman d'oltreoceano». «Le nostre abitazioni normali sono solo a dieci metri di altezza - continua uno dei protagonisti -. Dobbiamo continuamente andare su e giù per procurarci l'acqua».
La BBC ha fatto sapere che non prenderà provvedimenti disciplinari nei confronti dei responsabili, nonostante il fatto contrasti chiaramente con le linee guida editoriali. E nonostante questo sia solo l'ultimo episodio di una serie di bufale comparse nei documentari naturalistici dell'emittente: dalle immagini dell'orso polare con i cuccioli spacciate come filmate nell'Artide e in realtà riprese in una riserva olandese, ai video di diverse eruzioni vulcaniche montate come se fossero parte di un evento unico. Sempre in Human Planet, poi, la crew aveva utilizzato un lupo addomesticato invece di un esemplare selvatico, non avendone trovato nessuno.
Quest'ultima rivelazione rischia di far vacillare la reputazione di baluardo anti fake news della testata. Che l'anno scorso, come anche altre redazioni anglosassoni, ha messo insieme un team dedicato esclusivamente a fare fact checking, cioè a controllare la veridicità degli articoli pubblicati, e a smascherare le notizie false. Neanche un mese fa la stessa emittente ha anche lanciato iReporter, un gioco interattivo online pensato per i giovani che vogliano calarsi nei panni di un giornalista della BBC e provare a districarsi nel labirinto di menzogne che spesso circolano sul web. Iniziativa che, per altro, rientra in un programma ad hoc dedicato alle scuole del Regno Unito, con materiali disponibili online e più di 100 giornalisti impegnati in workshop ed eventi in giro per il Paese. Un'attenzione mancata nel caso della serie di documentari.
Da parte sua la società ha sottolineato che dal 2011, anno a cui risale la messa in onda degli episodi «taroccati», «è stata rafforzata la formazione obbligatoria dello staff in materia di linee guida editoriali, standard e
valori». Ma ha anche messo le mani avanti per evitare altre figuracce: nella serie documentario del 2017 Blue Planet II, ha ammesso in anticipo, alcuni passaggi sono stati inscenati di proposito e filmati in laboratorio.
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