Copenaghen insiste: i profughi costano cari

L'ambasciatore: «Spendiamo 53mila euro a testa. Diritti umani rispettati»

Roma C'è del marcio in Danimarca, dice Ai Weiwei. E così, per protestare contro l'approvazione della controversa legge che prevede la confisca dei beni ai profughi, l'artista ha deciso di chiudere una sua mostra a Copenhagen. Ruptures, questo è il titolo dell'esibizione, aperta a marzo scorso, era in programma fino al trenta aprile presso la Faurschou Foundation. Invece le opere del dissidente cinese, che nel 2011 ha scontato 81 giorni di carcere per le critiche nei confronti del governo di Pechino, stanno per essere già reimballate. Il proprietario della galleria, Jens Faurschou, si schiera con lui. «Sostengo la sua decisione che è per la libertà e i diritti umani».Polemiche e proteste, dopo che ad ampia maggioranza il Parlamento danese ha deliberato, come «contributo al mantenimento del welfare», il sequestro dei beni superiori a 1.300 euro ai migranti che arrivano nel Paese. Il clima è teso e le acque si sono ancora più increspate dopo l'aggressione di una diciassettenne davanti a un centro profughi. Lei è sfuggita allo stupro usando uno spray al peperoncino ma è stata multata perché ha usato «un'arma proibita». Non è chiaro se l'aggressore fosse davvero un immigrato, però l'episodio ha contribuito a rialzare l'allarme sociale e la diffidenza.Amnesty International ha definito il voto «un giorno nero per il diritto d'asilo». A Roma l'ambasciatore danese Birger Riis-Jorgensen, nel corso dell'audizione presso la Commissione Schengen, presieduta da Laura Ravetto, Fi, ha provato a difendere la scelta: «Il nostro governo ha preso atto con rammarico delle posizioni negative espresse sulla nuove norme sui richiedenti asilo, ma ritiene che il provvedimento approvato dal Parlamento sia in linea con l'articolo 8 della Convenzione per i diritti dell'uomo».Ogni profugo costa alla Danimarca 53 mila euro l'anno. Un peso «insostenibile». Però con le nuove norme sui richiedenti asilo varate martedì, ha spiegato Riis-Jorgensen , «anche i rifugiati saranno obbligati a finanziare la propria permanenza se possibile, oppure sarà la società a prendersene cura». La novità è che «le stesse regole che valgono per i danesi varranno anche per i richiedenti asilo». In Danimarca, ha aggiunto l'ambasciatore, «abbiamo un sistema sociale che funziona e che riteniamo prezioso, pertanto meritevole di salvaguardia e tutela». Perciò, «dinnanzi a flussi così massicci di migranti se non usiamo la massima cautela non riusciamo ad affrontare questa sfida».Nel 2015 sono stati 21.300 i rifugiati che hanno chiesto asilo al governo di Copenhagen, il dieci per cento del numero totale degli immigrati. «Per noi è un grande impegno, se consideriamo che la popolazione danese è di 5,6 milioni di abitanti, undici volte meno dell'Italia». Secondo gli esperti il costo annuale della società danese per i richiedenti asilo è di 29.500 euro e quello per un rifugiato riconosciuto supera i 53 mila. «Le persone che ottengono questo status - ha detto ancora l'ambasciatore - ricevono un contributo economico mensile di 800 euro per le persone non coniugate, che salgono a 2.230 per una famiglia con due figli. Un costo che è stato pari allo 0,25 per cento del Pil nel 2014 e che nel 2016, stando alle previsioni del Fmi, arriverà allo 0,5».

A queste condizioni difficile che il welfare regga. Da qui l'idea della confisca. «Se i richiedenti asilo possiedono più di diecimila corone, più o meno, 1.300 euro, questi serviranno per il vitto e l'alloggio prima di poter riceve i sussidi statali». MSc

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