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Copyright, legge rimandata a settembre

E negli Usa il fondatore di "Megaupload" va a processo per averla violata

Copyright, legge rimandata a settembre

Riforma rimandata a settembre. I dubbi sui contenuti, l'attività di lobbying delle grandi società tech (ci sono europarlamentari che hanno detto di aver ricevuto anche minacce di morte) e le divisioni all'interno dei partiti, alla fine, hanno avuto la meglio: ieri la plenaria del Parlamento europeo ha bocciato la direttiva sul diritto d'autore in rete. Niente «retribuzione equa e proporzionata» agli editori da parte delle piattaforme che rilanciano i loro articoli (social network come Facebook e Twitter e aggregatori come Google News) e niente filtri su quelle stesse piattaforme per impedire l'upload di contenuti coperti da copyright (su YouTube, ad esempio), per citare i due punti più discussi. Il testo che avrebbe dovuto dare il via libera al negoziato con il Consiglio Ue, per arrivare poi all'approvazione definitiva del documento a inizio 2019, è stato rinviato alla prossima plenaria, a metà settembre, dove sarà rivisto e rimesso al giudizio dei parlamentari di Strasburgo. Ciò significa, però, che la discussione dovrebbe avvenire ad agosto, quando molti eurodeputati sono in ferie.

La bocciatura, come previsto, si è giocata su pochi voti: 318 contrari, 278 favorevoli, 31 astenuti. Dalle dichiarazioni dei giorni scorsi era emerso come i gruppi politici fossero spaccati sul tema, a partire dal Partito popolare europeo, di cui pure fa parte il relatore della riforma, Axel Voss. Critici soprattutto i verdi - in particolare l'eurodeputata tedesca Julia Reda, che ha lanciato su Twitter la campagna #SaveYourInternet, salva il tuo Internet - e i liberali, che ieri hanno festeggiato lo stop. Alla loro soddisfazione si è aggiunta anche quella dell'Associazione nazionale stampa online, unica nel mondo dell'editoria a schierarsi contro la direttiva, che ieri ha parlato di «un giorno di festa per i piccoli editori e per il web libero». Wikipedia Italia, che martedì e mercoledì si era oscurata per protesta, è tornata in chiaro subito dopo l'esito della votazione. Per il resto i rappresentanti del settore dei media si sono detti delusi. «È una grande occasione mancata, hanno vinto le pressioni a difesa di un modello di rete costituito da poche società che sfruttano la loro posizione dominante a danno delle imprese creative, degli operatori minori del digitale e dei consumatori», ha commentato il presidente dell'Associazione italiana editori, Ricardo Franco Levi. Secondo Confindustria Radio Tv ieri a Strasburgo «si è scritta una pagina nera della storia europea, destinata a umiliare la cultura, la creatività e l'economia delle attività legate alla proprietà intellettuale».

Paradossalmente, mentre nell'Ue affonda il primo tentativo di tutelare il diritto d'autore sul web, dall'altro capo del mondo potrebbe arrivare una sentenza storica sull'argomento. Il protagonista è Kim Dotcom, al secolo Kim Schmitz, l'informatico tedesco che nel 2005 ha fondato Megaupload, sito di condivisione di file su cui gli utenti si scambiavano musica e film, che nel 2012 faceva 50 milioni di visitatori al giorno e rappresentava il 4% del traffico Internet mondiale. Ieri la Nuova Zelanda, dove Kim risiede, ha deciso acconsentire alla sua estradizione negli Stati Uniti, dove l'imprenditore è accusato, insieme a tre ex soci, di racket e frode ai danni dei detentori di copyright sui materiali scaricati illegalmente.

I quattro rischiano decenni di carcere.

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