La guerra fredda è tornata all'improvviso. E ha spazzato via in un attimo la strategia della resistenza passiva che, nelle intenzioni di Luigi Di Maio, doveva traghettare la maggioranza fino alla chiusura della finestra elettorale di settembre. Negli ultimi giorni invece, all'improvviso è ripartito un sistematico cannoneggiamento a 5 Stelle che ricorda quello messo in atto, con scarsi risultati elettorali, alle Europee. E nel countdown dei timori dei palazzi della politica è spuntata anche la voce su una data fine-di-mondo per i gialloverdi: il 15 luglio. In extremis, ma in tempo per andare al voto dopo l'estate.
Stavolta però non è facile individuare una strategia coerente negli attacchi, che partono a freddo e lasciano attoniti i leghisti. Come il caso di Spadafora: perché un sottosegretario sgancia un siluro a mezzo stampa con l'accusa di sessismo dritta dritta contro Salvini il giorno in cui è già convocata una conferenza stampa con un ministro in quota Lega?
I casi si moltiplicano. La scorsa settimana c'era stato l'attacco diretto contro il ministro Lorenzo Fontana sulla proposta dell'assegno unico, bollata come troppo costosa dal vice ministro all'Economia Laura Castelli, con rinforzo di una dichiarazione da «fonti M5s» opportunamente diffusa alle agenzie. Eppure l'assegno unico, proprio come il sessismo, non è un tema che divide i gialloverdi.
Le bordate da qualche giorno sono quotidiane. C'è il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano che la butta sul personale, rivolgendosi a Salvini: «Ti senti Maradona ma giochi come un Higuain fuori forma». Ancor più eclatante la polemica scagliata dal ministro Elisabetta Trenta sull'uso delle navi militari per arginare gli sbarchi di migranti.
Il leader del Carroccio si era limitato a osservare che «qualcuno si è svegliato nervosetto». Ma lo stato maggiore leghista si interroga sulla nuova offensiva. Una cosa è certa: Di Maio era stato informato, ma il leader non preme certo per rompere. L'ala governista resta maggioritaria e c'è un sottosegretario, Michele Dell'Orco, che ha chiesto ai parlamentari M5s di anticipare eventuali proposte per la manovra 2020.
L'obiettivo invece è la battaglia in vista di un rimpasto di governo che vede particolarmente allarmati i sottosegretari grillini sottoposti alla «graticola», una sorta di verifica delle prestazioni da parte dei parlamentari, che ha innervosito più di qualcuno. E che il tema sia centrale lo conferma anche Salvini: «Rimpasto? Chiedete ai 5 stelle, c'è l'urgenza, non come Lega, ma come governo italiano, di avere un ministro a Bruxelles, se questo da parte dei 5 stelle comporterà altri movimenti non so, a me basta uno». Il vice premier avrebbe ottenuto l'ok di Conte sul nome di Lorenzo Fontana, che lascerebbe il dicastero alla Famiglia, ma solo dopo aver sistemato la partita del commissario europeo. La Lega inoltre rivuole i due posti lasciati liberi al Mit da Siri e Rixi e in pole c'è il giovane Andrea Crippa, vice segretario del Carroccio, ma anche Bagnai e Borghi per posti al Mef.
Se lo spostamento innescasse il domino delle poltrone, ragionano alcuni sottosegretari, i vertici potrebbero tirar fuori i «voti» della graticola? A Di Maio piacerebbe coinvolgere Dibba per levargli ogni alibi e in pista c'è
anche il capogruppo Stefano Patuanelli. Tra i ministri sempre in bilico c'è il solito Toninelli ma anche Giulia Grillo. Chi nega di cercare poltrone invece è Fdi: l'ingresso al governo continua a essere escluso da Giorgia Meloni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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