Così funziona il reclutamento: jihadisti e profughi sui gommoni

MilanoIn fondo, gli specialisti dell' intelligence italiana preferirebbero che Abdel Majid Touil fosse innocente. Che le prove, finora in larga parte sconosciute, che lo legano alla squadra che ha seminato la morte al museo del Bardo si rivelino inconsistenti. Perché quello che sta prendendo forma in queste ore è la materializzazione di un incubo: la jihad che viaggia sui barconi, i fanatici della guerra santa che arrivano nel Bel Paese mischiati ai disperati in fuga dalla fame e dalla guerra. L'allarme sulle infiltrazioni era stato lanciato, smentito, rilanciato, da qualcuno persino dileggiato: «Figuriamoci se i terroristi hanno bisogno dei barconi». Se Touil è colpevole, bisogna prendere atto che l'allarme era fondato. Che l'inchiesta su Touil si possa sgonfiare appare improbabile. Se è vero che l'uomo è arrivato in Italia un mese prima dell'attacco al Bardo, e non ci sono elementi per ritenere che sia tornato in Tunisia in tempo per partecipare alla strage, ci sono elementi di fatto, contatti telefonici, che lo collegano al commando: a Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi, i due «martiri» uccisi dalle forze di sicurezza tunisine al momento del blitz al museo, e alla brigata Okba Bin Nafaa, guidata dall'algerino Lokman Abou Sakher, considerato il cervello dell'operazione. Perché Touil abbia deciso di spostarsi in Italia tre mesi prima dell'attentato, per ora non si sa. Ipotesi peggiore: per fare proselitismo. Scenario più confortante: per mettersi al riparo dalle indagini, dopo avere esaurito il suo compito. Una cosa è sicura: ha viaggiato sui barconi della speranza.

Quanti altri Touil siano sbarcati con lo stesso sistema è impossibile da quantificare. Di certo, se i militanti dell'Isis scelgono di viaggiare sui barconi non è per motivi economici. Lo fanno perché il numero dei profughi o sedicenti tali è così alto che confondersi nella massa è agevole, soprattutto se - come è il caso di Touil, fino a un mese fa un «signor nessuno» per i nostri organi di polizia - non si arriva in Italia già schedati come estremisti. Ma una delle ipotesi dei nostri apparati di sicurezza è che viaggiare tra i disperati sia anche il modo migliore per fare propaganda, reclutando nuovi adepti da arruolare, una volta in Italia. Certo, il viaggio presenta dei rischi.

A meno che gli uomini della jihad non siano a contatto diretto con gli scafisti, e godano del loro rispetto quando bisogna scegliere gli sventurati da scaraventare in acqua. Bloccare i barconi prima della partenza servirebbe, secondo le forze di polizia: a impedire la contaminazione tra disperati e terroristi. Perché una volta sbarcati e distinguere gli uni dagli altri diventa difficile.

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