Così i tecnici di Toninelli chiudono la Torino-Lione

Il dossier: «Bilancio dell'opera negativo per 8 miliardi» Un esperto non firma e consegna un rapporto opposto

Bilancio economico della Torino-Lione? Negativo. Come ampiamente previsto l'analisi costi benefici elaborata dal gruppo di lavoro guidato dal professor Marco Ponti, nominato ad hoc dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti (Mit), Danilo Toninelli, ha bocciato la Tav. Ma già piovono pietre su una analisi che viene definita farlocca e che, attenzione, non è stata firmata da tutti i componenti. Il documento infatti riporta la firma dello stesso Ponti, di Paolo Beria, Alfredo Drufuca, Riccardo Parolin e Francesco Ramella. Ma non quella dell'ingegnere Pierluigi Coppola (unico esperto del gruppo non dichiaratamente anti-Tav) che oltretutto ha già consegnato un minority report alternativo a quello ufficiale che giunge ad altre conclusioni. Un motivo di più di scontro tra M5s e Lega che già sono sul piede di guerra. Con Toninelli da un lato che sottolinea come i numeri dell'analisi siano «estremamente negativi» e il Carroccio dall'altro che replica «l'analisi non è il Vangelo» e ritiene l'ipotesi di non realizzare la Tav «non percorribile».

Ma perché il bilancio è negativo? Secondo l'analisi ad opera finita le perdite ammonterebbero a 7 miliardi e i vantaggi economici a 885 milioni. Due gli scenari prefigurati, entrambi in perdita, incardinati sul Vane, il valore attuale netto ovvero il saldo tra i costi dell'opera e i benefici. La prima ipotesi parte dalle valutazione costi-benefici dell'Osservatorio per l'asse ferroviario Torino-Lione del 2011 e calcola un saldo negativo del Vane per 7.805 milioni con riferimento ai costi a finire: costi per 21.970 milioni e benefici per 14.165 milioni, mentre a costo completo è pari a meno 8.760 milioni. Nella seconda ipotesi che viene definita realistica il Vane risulta pari a meno 6.995 milioni, ovvero 12.412 milioni di costi e 5.417 milioni di benefici, ma sale meno 7.949 milioni se si fa riferimento al costo intero.

Ma c'è anche un altro aspetto negativo che nelle scorse settimane è stato più volte ribadito dai Cinque Stelle provocando anche indignazione da parte di molti contribuenti. Con la Tav si ridurrebbero gli introiti per le casse dello stato derivanti dalle accise sul carburante e i pedaggi. Le minori accise inciderebbero dunque in negativo portando il bilancio complessivo da 10 a 11,6 miliardi (flussi attualizzati) nello scenario definito realistico e a 16 miliardi in quello basato sui dati dell'Osservatorio 2011.

Ma ridurre il trasporto su Tir non avrebbe un effetto benefico per ambiente e qualità dell'aria? Quisquilie scrivono in sostanza nel dossier. È vero che con la Tav le emissioni di C02 si ridurrebbero, ammettono gli esperti, ma quella riduzione riguarderebbe soltanto lo 0,5 per cento delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti in Italia, pari a 103 milioni di tonnellate nel 2016, quindi i vantaggi sarebbero «trascurabili».

Ancor più interessante è il risultato dell'analisi tecnico giuridica che valuta i possibili costi derivanti da penali e rivalse in caso di blocco dei lavori, 4,2 miliardi. La relazione è cauta, specifica che gli importi massimi per le penali sarebbero «difficilmente raggiungibili» e che non è possibile determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento. Ma nonostante ciò è stata smentita dallo stesso Mit, ovvero dal dicastero che ha scelto a chi affidarla. Nel dossier si calcola che il costo massimo «tra penali e rimborsi potrebbe raggiungere i 4,2 miliardi». Per il ministero delle Infrastrutture si tratta di «errore materiale macroscopico che determina un eventuale costo di uscita dall'opera abnorme rispetto alla realtà». Il MiT spiega che la percentuale tra il 10 ed il 30 per cento prevista a titolo di risarcimento per lo scioglimento dei contratti non deve essere calcolata sul costo totale dell'opera ma solo sui contratti effettivamente in essere al momento, cioè su circa 1,3 miliardi.

Quindi il costo scenderebbe molto e secondo Toninelli la penale da pagare assommerebbe al massimo ad 1,7 miliardi: 400 milioni per lo stop ai contratti, 81 per violazione dell'accordo, 400 per la rivalsa francese e 832 milioni da restituire alla Ue.

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