Così l'Europa ha ignorato l'esplosione della pandemia

Bruxelles già a gennaio parlava di rischio "elevato". Poi il cambio di idea per le pressioni cinesi sull'Oms

Così l'Europa ha ignorato l'esplosione della pandemia

Sottovalutazione; ritardo nella reazione; incapacità di rispondere in modo univoco. L'epidemia di coronavirus ha messo a nudo i difetti peggiori dell'Unione europea che sommati a quelli dei singoli stati hanno purtroppo potenziato gli effetti devastanti della pandemia. Si poteva evitare la diffusione globale del coronavirus? Le responsabilità della Cina rispetto alla scarsa trasparenza sono evidenti ma non cancellano quelle di una Ue inizialmente troppo lenta e indifferente rispetto a rischi che si erano fatti evidenti e soprattutto incapace di imporre una linea comune a tutti gli stati membri. L'unica scelta che avrebbe potuto avere una qualche efficacia rispetto alla diffusione del coronavirus.

Se si ripercorre a ritroso il cammino di Sars Cov 2 verso l'occidente balzano agli occhi smagliature e lacune grossolane nelle direttive dell'Organizzazione mondiale della Sanità e del Centro Europeo per il controllo delle malattie, Ecdc.

A metà gennaio è l'Imperial College di Londra ad accendere i riflettori su quanto sta accadendo a Wuhan. I conti, dicono gli esperti da Londra, non tornano. I contagi devono essere molto più alti di quelli dichiarati da Pechino visto che si contano casi d'esportazione ad esempio a Taiwan. E in effetti questa denuncia provoca una reazione preoccupata sia da parte dell'Oms sia dell'Europa. L'Ecdc il 22 gennaio dichiara un «elevato rischio di diffusione globale». Ma poi cambia idea. La preoccupazione si annacqua dopo che l'Oms accetta tutti i report che arrivano dalla Cina senza metterli in discussione e infatti non dichiara l'allarme globale.

Quindi si arriva al 20 febbraio con un'epidemia che sappiamo stava dilagando in tutta l'area dell'Hubei, dove si contavano già quasi 2mila morti. Ma Pechino manda segnali positivi, i guariti, annuncia, superano i contagiati. E così l'Europa cambia la valutazione del rischio e annuncia che la probabilità di trasmissione del coronavirus viene declassata da moderata a «molto bassa». Certo non risultano casi di trasmissione sul territorio. In Italia ci sono i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma ma sono appunto casi d'importazione. Ma la realtà è che non risultano casi autoctoni soltanto perché non si sta monitorando la situazione. È già esploso il caso della Diamond Princess ferma nella Baia di Yokohama. Eppure nessuno avanza l'ipotesi che forse sia il caso di attrezzarsi per un'eventuale epidemia facendo scorte di mascherine e altri dispositivi di protezione individuale. In Europa complessivamente ci sono una quarantina di casi importati, ma vengono classificati dall'Ecdc come lievi e con un rischio di infezione molto basso. La preoccupazione principale di molti Paesi è quella di non spaventare la popolazione e di non fermare le attività.

Ma invece quei casi erano appunto soltanto la «punta dell'iceberg» il contagio era già innescato e il 20 febbraio viene identificato a Codogno il paziente 1. Poi si capirà che probabilmente il virus circolava in Italia già a metà gennaio.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica