Così il Pd e le coop baravano sugli appalti

L'accusa: "Sistema in piedi da cinque anni". Gare su misura per le imprese amiche

Così il Pd e le coop baravano sugli appalti

Le mani sulla città. Il giorno dopo, quello che segue gli arresti del sindaco Leopoldo Di Girolamo e del suo assessore ai Lavori pubblici Stefano Bucari, l'inchiesta che ha travolto la cittadina umbra restituisce l'immagine di una Terni prigioniera. Ostaggio, scrive il gip Federico Bona Galvagno nell'ordinanza cautelare, «di un sistema che quantomeno negli ultimi 5 anni» decideva «l'aggiudicazione di tutti i contratti pubblici», in barba alle leggi ma con serenità. Perché tanto «gli indagati sapevano di agire nella certezza che tale sistema c'era, c'è e ci sarà e che nessuna indagine o sussulto di legalità potrà farlo venire meno o anche solo scalfirlo».

Insomma, dal 2011 a Palazzo Spada dal 2009 guidato dall'ex senatore Di Girolamo la tela degli affidamenti sarebbe stata tessuta dagli amministratori a proprio piacimento, col filo del Pd. Democratici il sindaco e l'assessore Bucari, del Pd (tra gli indagati) l'assessore all'ambiente e membro della segreteria regionale Emilio Giacchetti ed una sfilza di ex assessori. Vicini al partito i referenti delle coop «Actl» e «Alis», rispettivamente Sandro Corsi e Carlo Andreucci, che nel 2007 corsero in Umbria per l'assemblea nazionale a sostegno di Enrico Letta. Adesso i due si sono visti imporre il divieto temporaneo di esercizio dell'attività cooperativa perché, secondo la Procura, le coop da loro presiedute sarebbero state funzionali al «sistema». «L'importo d'asta veniva illecitamente frazionato sostiene il procuratore capo Alberto Liguori in modo da eludere le prescrizioni del codice degli appalti e dell'Anac», e in alcuni casi le indicazioni contrarie di funzionari comunali non allineati. E poi un valzer di proroghe o, al più, di «bandi fotografia»: «gli appalti venivano assegnati con procedura negoziata alle coop di tipo B preventivamente individuate, inserendo nel bando requisiti in possesso solo delle stesse». Così per il verde pubblico l'appalto è stato gestito senza gara dal 2008 al 2015, mentre per il servizio verde all'interno del cimitero comunale il contratto ha subito 63 proroghe dal 2011 al 2016. Più o meno allo stesso modo ritengono gli inquirenti - sarebbe andata per la refezione scolastica e i servizi turistici nell'area della cascata delle Marmore.

Un meccanismo collaudato ed in moto perpetuo. Tanto da rendere necessaria l'adozione di misure cautelari per prevenire il pericolo di reiterazione dei reati: i sistemisti non si sarebbero fermati «neppure a seguito dell'attenzionamento da parte della polizia giudiziaria», osserva impietoso il gip richiamando il blitz che a novembre portò ai primi avvisi di garanzia e ad acquisire una vagonata di atti amministrativi. «Le misure adottate sono prive di presupposti oggettivi e soggettivi», obietta però l'avvocato Attilio Biancifiori, difensore di Di Girolamo. «Sulle ultime delibere per gli appalti aggiunge la giunta chiedeva il parere dell'Anac». Tranquillo e fiducioso si dice Massimo Proietti, legale di Andreucci: «Respingiamo tutte le accuse». In linea Roberto Spoldi, avvocato di Corsi: «Non mi sembra emergano elementi di ulteriore rilievo, sono sorpreso». Oggi gli interrogatori.

E infuria la polemica politica. «Renzi, senti il clic di manette per il sindaco di Terni, dimettiti», dice il M5s di Terni. E il leader della Lega Matteo Salvini, che ieri è andato a Terni: «Finalmente come a Catania c'è una giustizia che scova il marcio».

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