dal nostro inviato a Courmayeur (Ao)
Il massiccio del Bianco è zeppo di nuvole, basse basse fino a sedersi sui ghiacciai. Una vista che incanta i turisti convinti di trovarsi davanti a un quadro alla Turner. I raggi di sole e il nero del cielo in un mix strepitoso. Courmayeur è uguale a se stessa: gli escursionisti, le famiglie in partenza per le gite, gli zaini e l'adrenalina da funivia. Il disastro, in un paese stretto come un gomitolo, non si vede. Eppure la Val Ferret è a portata di mano. Anzi, era. La frana caduta l'altra sera vicino Planpincieux, la frana che ha ucciso due coniugi milanesi, costringe le autorità a prendere la decisione più sgradita ma razionale: tutti fuori. Solo i rifugi, in alto, restano accessibili. Gli elicotteri evacuano in poche ore circa 240 persone. «Abbiamo lavorato quasi come taxi o navette - sdrammatizza Sergio Favre, presidente del Soccorso alpino valdostano - ma era necessario».
Nessuno voleva correre rischi. Vincenzo Mattioli, 71 anni, e la moglie, pensionati, hanno tentato una fuga disperata: hanno cercato di scendere dall'auto in trappola ma i massi li hanno centrati come birilli. Non c'è stato niente da fare. Lui l'hanno ritrovato quasi subito, lei dopo lunghe ore. Incastrata sotto le lamiere.
Gli sfollati, invece, li hanno portati al Palazzetto dello sport di Dolonne, di là della Dora Baltea che scorre impetuosa fra le case di questo presepe scintillante. Fuori, i manifesti annunciano una manifestazione di short track, alla biglietteria, in un clima surreale, vendono i biglietti ma danno anche informazioni sulla logistica della tragedia. «Gli accampati sono nella sala polivalente, laggiù in fondo». Sotto la vetrata che occhieggia il Dente del Gigante.
Eccoli, in un'atmosfera composta, più di noia che di disperazione. Gente che ha dovuto lasciare le auto, i campeggi, le case, gli alberghi della Valle, a monte ma anche a valle dell'interruzione, e ora misura il tempo, nella speranza di poter ritornare in quota e consumare un ultimo spezzone di vacanza.
«Eravamo sull'autobus che fa su e giù, pioveva forte, ma non c' era il finimondo. A un certo punto, sicuramente dopo le 17.30, abbiamo sentito un rumore molto forte. Forse era la frana, forse un assestamento successivo - raccontano Tiziana e Marco, pensionati genovesi - Però non abbiamo visto nulla e quando siamo arrivati al nostro campeggio, davanti al Golf Club, siamo scesi e siamo rientrati tranquillamente nella nostra tenda. Pensavamo fosse finita, un acquazzone e via, ma si sentiva il ronzare degli elicotteri. Stamattina i voli sono ripresi. Credevamo fosse un'esercitazione, invece venivano a prendere noi e quelli che avevano dormito al Golf Club». Ora marito e moglie sono distesi sulle brandine, hanno mangiato un piatto di pastasciutta distribuito dalla Protezione civile, rispondono alle chiamate degli amici.
Accanto a loro Anna e Pasquale, lei insegnante di francese, lui panettiere ad Abbiategrasso, in provincia di Milano. L'uomo dorme con la faccia coperta da un cappellino, la signora sorveglia i due cani: «Eravamo nel camper, tutti e quattro, e non ci siamo accorti della frana. Pioveva a dirotto, ma nulla di eccezionale, non c' era neppure un alito di vento». Insomma, quel che può capitare in montagna, dove la routine, almeno alla roulette del meteo, non esiste. E invece: «Siamo cosi affezionati alla Val Ferret, cosi silenziosa, cosi appartata, sotto le pareti delle Grandes Jorasses. Un altro mondo, anche se Courmayeur è vicinissima. Col passare delle ore abbiamo scoperto che due persone erano morte, poi ci hanno detto di scendere giù con l'elicottero, con Pepito e Chery chiusi in due gabbiette. Ma non siamo terremotati, per carità».
Per il
ritorno alla normalità, però, si parla di dieci giorni. Forse, già oggi si potrà risalire fino a Planpinciuex, sotto la frana, dove molti hanno lasciato auto e oggetti. Le nuvole, sempre più scure, promettono altra pioggia.
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