Cronache

"Il Covid voluto da Allah". In manette italiano che incitava alla jihad

Nicola Ferrara, "anonimo parcheggiatore", faceva proselitismo sui social tra i minori

"Il Covid voluto da Allah". In manette italiano che incitava alla jihad

Ancora alla fine di marzo, in piena emergenza Covid, Nicola «Issa» Ferrara si compiaceva con un amico: quello che sta accadendo «è una cosa di Allah, una cosa positiva», perché «la gente sta impazzendo» e per i non musulmani «tutto l'haram adesso è difficile farlo». Cioè gli «infedeli» non possono avere comportamenti vietati dalla legge islamica, come bere, fumare, drogarsi. Il 38enne nato in Puglia e residente nella prima periferia milanese è stato arrestato dal Ros per apologia e istigazione all'adesione all'Isis. Dal 2015 avrebbe fatto un lavoro consistente e accurato di propaganda dell'estremismo islamico. Ne sono convinti il capo del pool anti terrorismo della Procura di Milano, Alberto Nobili, e i pm Piero Basilone e Leonardo Lesti. I dettagli della sua attività sono riportati nell'ordinanza firmata dal gip Guido Salvini.

Ferrara è definito «una persona del tutto anonima, quindi e anche per questo in grado di muoversi più facilmente». Incensurato, con lavori saltuari alle spalle e fino a ieri parcheggiatore, ha viaggiato con soggiorni anche di mesi in Qatar e negli Emirati Arabi. A 19 anni si è arruolato nelle forze armate e nel 2002 ha partecipato a una missione di pace in Albania. Secondo gli inquirenti, portava avanti la propria attività di proselitismo sui social e di persona. Il luogo preferito per agganciare e provare a reclutare giovani musulmani, spesso minorenni, era il centro culturale «Al Nur» di via Carissimi, non lontano dalla stazione Centrale. Si tratta di un luogo di culto islamico di orientamento sunnita e a maggioranza bengalese. Il 38enne aveva intorno a sé «un circuito di soggetti aderenti ad una concezione radicale e violenta della religione islamica» e dava assistenza «ai detenuti per reati connessi al terrorismo». È inoltre entrato in contatto con numerosi indagati negli ultimi anni per fatti legati all'estremismo. «Non vi è simbologia del terrorismo di matrice islamica - scrive il gip - che non sia presente nella quasi ossessiva diffusione di immagini via internet in cui è impegnato»: Bin Laden, le Torri gemelle, la bandiera nera della Shahada, adottata dallo stato islamico, donne velate che imbracciano Ak-47, slogan di odio verso Israele e la croce, «immagini disgustose dei bambini armati che giurano di uccidere i miscredenti». C'è tutto il repertorio nel suo profilo Facebook che condivide con 2mila amici. L'indagato infatti gode «di una sicura autorevolezza, conseguita attraverso l'intensa e pluriennale opera di propaganda».

Visualizza e diffonde video come «Preparare una bomba nella cucina di vostra madre», messaggi come «L'amore della Jihad, finché il martirio non ci separi». Il cuore della sua apologia del terrorismo è nei «nasheed», brani popolari canticchiati in arabo e pubblicati su Soundcloud sotto forma di playlist aperte a tutti. Ferrara ama i canti a contenuto jihadista. Eccone alcuni testi: «Il miscredente e renitente. Versate il sangue della sua giugulare. O uomini della fede, o uomini della fede!», «A me piace la distruzione . Sono felice quando sento una esplosione», «Vogliono uccidermi, venite ad uccidermi, c'è del sangue che è pronto a bere il vostro», «Avanzate, avanzate! Per la jihad mobilitatevi! O nostri soldati, nostri leoni, nostra vittoria. Distruggete i dittatori della miscredenza sulla nostra terra», « Vieni e indossa una carica esplosiva, accorri ed esplodi, così è la morte migliore ed è migliore il destino». Dopo la radicalizzazione e dopo i viaggi nei Paesi islamici il 38enne ha imparato la dissimulazione: il primo passo della «taqiyya» è «vestire come loro». Così nel 2018 Ferrara indossa copricapo tradizionale e tunica, mentre un anno dopo veste all'occidentale con pantaloni e maglione. « Lo abbiamo fermato in tempo», spiegano gli investigatori del Ros di Milano, guidati da Andrea Leo. «Un soggetto pericolosissimo - aggiunge Nobili - che aveva come bersaglio principale i giovani non inseriti, frustrati». Cui dava «indicazioni specifiche, dicendo loro di combattere, ciascuno anche per conto proprio».

Conclude il gip: «Inneggiare alla guerra santa» significa «istigare a uccidere in nome della stessa».

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