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Cresce l'imbarazzo tra gli ex alleati gialloverdi. Linea soft di Salvini: "Sanzioni ultima opzione"

M5s e Lega, i due partiti più filorussi, restano prudenti. Solo Dibba con lo Zar

Cresce l'imbarazzo tra gli ex alleati gialloverdi. Linea soft di Salvini: "Sanzioni ultima opzione"

I sovranisti filo-Putin italiani non si sbilanciano per ora, a parte alcune uscite catalogabili più come folklore. Nella Lega prevale la linea della prudenza, nessun commento ufficiale, ma nemmeno ufficioso. La Meloni si schiera con la Nato ma con dei distinguo. Il M5s, storicamente filo-Mosca e Pechino, è in evidente imbarazzo, ma con la tramutazione del partito in forza di governo che esprime poi il ministro degli Esteri, i grillini non possono permettersi esternazioni improbabili come nel passato. Anche qui ci sono le eccezioni, rappresentate nel loro caso da Alessandro Di Battista, un ex M5s che però si sente uno dei pochi rimasti fedeli al verbo pentastellato delle origini. Che era appunto molto vicino alle tesi di Vladimir Putin sull'espansionismo della Nato e degli Usa in particolare. Dibba infatti lo dice apertamente: «La Russia non sta invadendo l'Ucraina. La Russia, giustamente, chiede garanzie riguardo la neutralità futura dell'Ucraina. Un'eventuale entrata (oggi impossibile ma domani chissà) dell'Ucraina nella Nato rappresenterebbe una minaccia inaccettabile per Mosca». I sovranisti M5s non si sentono, per questioni di opportunità, uno di loro era Manlio Di Stefano, nel 2016 definì la rivolta antirussa dell'Ucraina come «un golpe per portare la Nato più vicina ai confini della Russia». Ora fa il sottosegretario agli Esteri e una sua dichiarazione di quel tenore provocherebbe un incidente diplomatico con gli alleati della Nato.

Ma defilato è anche Matteo Salvini, già ammiratore della politica di Putin, e più di una volta in missione a Mosca per incontrare i vertici di «Russia Unita», il partito del presidente. Il leader della Lega visitò personalmente la Crimea, che la Russia invase nel 2014 («Ci sono alcune zone storicamente russe, in cui c'è una cultura e delle trazioni russe, e che quindi appartengono legittimamente alla Federazione Russa» disse allora Salvini). Adesso il leader della Lega è più prudente e si riconosce nella linea del governo: «Appoggio quello che sta facendo Draghi. L'Italia mi sembra che abbia una posizione equilibrata. Le sanzioni sono l'ultima opzione, quelle precedenti non hanno risolto un fico secco. Se condanno le scelte di Putin in Ucraina? Non approvo nessuna invasione in campo altrui. Condanno ogni lesione dei confini. Io ho difeso i confini italiani, figuriamoci se non difendo i confini stranieri. Dopo la pandemia ci manca solo la guerra. Dobbiamo fare di tutto per scongiurare una guerra, abbassando i toni di tutti». La Lega nel governo spingerà per una mediazione, evitando le sanzioni alla Russia che sono «un boomerang per la nostra economia, come accaduto in passato» spiega Lorenzo Fontana, responsabile Esteri della Lega. Nel Carroccio non mancano i putiniani, come l'ex europarlamentare Mario Borghezio («Putin è un sovranista che difende lo spazio vitale della Russia di fronte alle manovre della Nato») ma sono voci isolate, o quantomeno silenziate in questo momento. Si sbilancia di più in chiave atlantista invece la Meloni: «Fdi condanna fermamente il riconoscimento unilaterale da parte della Federazione russa delle repubbliche separatiste del Donbass. Difendiamo il diritto degli Stati sovrani e democratici dell'Est Europa di scegliere liberamente il loro destino occidentale ed europeo.

Fratelli d'Italia sostiene l'appartenenza dell'Italia al blocco occidentale e alla Nato senza ambiguità, soprattutto di fronte a crisi di ampia portata come questa» scrive la leader di Fdi, che però critica la strategia di Washington di «drammatizzazione della situazione, spingendo sul tema della imminente adesione dell'Ucraina alla Nato e consentendo così a Putin di agitare lo spettro della minaccia alla sicurezza nazionale russa».

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