Crescita zero, produzione giù. Così le liti nascondono i guai

Di Maio e Salvini duellano su famiglie e armi-gioco mentre il fisco esplode e l'industria minaccia il Pil

Crescita zero, produzione giù. Così le liti nascondono i guai

Un po' come ai tempi della Democrazia cristiana quando il dibattito politico si risolveva all'interno del partito-Stato e le correnti si davano il cambio nel ruolo di maggioranza e opposizione, mentre il debito pubblico esplodeva nel disinteresse di tutti ad eccezione di Radicali e Liberali.

Lega e M5S hanno incartato il dibattito politico in contrapposizioni su temi poco rilevanti almeno per quanto riguarda l'azione di governo. Dalle polemiche sulla partecipazione alla manifestazione pro famiglie di Verona, alle schermaglie sulla legge che avrebbe favorito la libera circolazione delle armi. Dichiarazioni di fuoco e su un provvedimento che riguarda le pistole ad aria compressa o poco più.

Ai margini del dibattito l'unico appuntamento che dovrebbe preoccupare il governo, il varo del Def, documento di economia e finanza che impegna il governo su più fronti. Sulle previsioni economiche, sul peso finanziario delle prossime scelte e sulle riforme che si impegna a realizzare.

Riforme urgenti per fare ripartire l'economia, che resta al palo come sostiene la totalità degli osservatori in campo. Ieri il centro studi di Confindustria è tornato a fare notizia, certificando una produzione industriale «sostanzialmente piatta nel primo trimestre, dopo il forte arretramento di fine 2018». In sostanza l'industria non contribuirà alla crescita del Pil. La dinamica a inizio anno «è spiegata da una domanda interna ancora debole (specie nella componente investimenti) e da una domanda estera che risente del rallentamento global». Nel primo trimestre 2019 si registra una variazione di -0,1%, dopo il -1,0% rilevato dall'Istat nel quarto trimestre 2018.

Tra le emergenze, la riforma fiscale. Necessaria per le imprese così come per le famiglie, come ha ricordato ieri la Cgia di Mestre. Al rallentamento dell'Economia non corrisponderà un calo della pressione fiscale. Anzi. «L'asticella è destinata a salire ed è molto probabile che si attesterà appena sotto la soglia del 43 per cento», secondo gli artigiani di Mestre.

Tutto si complicherà il prossimo anno. Il Def dovrà mettere nero su bianco gli impegni del governo. Si parte da aumenti dell'Iva da disinnescare per 23 miliardi, che poi diventeranno 29 nel 2021. Risorse tutte da trovare. Così come andranno coperte eventuali spese extra per le misure già in vigore, come il reddito di cittadinanza e Quota 100.

Nel documento il governo metterà una previsione di crescita del Pil dello 0,1/0,2%. Ma potrebbe andare peggio, come ha osservato ieri Renato Brunetta di Forza Italia. «C'è qualcuno, tuttavia, che sostiene che una crescita pari a zero sia addirittura ottimistica». La «prima che ha previsto un 2019 in rosso è stata la società di investimenti americana Pimco, alla quale si è poi aggiunto l'ex capo economista del Ministero dell'Economia e Finanze Lorenzo Codogno, che ha stimato un -0,5%, che potrebbe anche scendere ulteriormente».

Oltre ad indicare lo stato di sofferenza della nostra economia, il Pil sotto le previsioni avrà delle conseguenze sui conti pubblici. Il rapporto deficit/Pil dovebbe salire al 2,6% nel 2019 e al 3,5% nel 2020.

Il rapporto debito/Pil, che dovrebbe salire al 134,2% quest'anno e al 136,5% l'anno prossimo. Questa è l'altra grande sfida. L'Italia si è impegnata a tagliare il debito di un punto di Pil, pari a 18 miliardi di euro, attraverso privatizzazioni.

Che a questo punto potrebbero non bastare più. Una sfida ai limiti dell'impossibile che il governo ha appaltato al ministro dell'Economia Giovanni Tria, ma che è colpevolmente scomparsa dal dibattito tra i partiti della maggioranza.

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