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La crisi di nervi di Calenda che esplode contro Renzi "Il partito unico è morto"

l leader di Azione accusa il "socio": vuol tenersi Iv e soldi. Quello parla solo con Obama..

La crisi di nervi di Calenda che esplode contro Renzi "Il partito unico è morto"

«Naufragio». «Fallimento». «Capolinea». «Autogol». Sono i suoi stessi (aspiranti) fondatori a scolpire così l'epitaffio per il Terzo Polo. Che, parola di Carlo Calenda, è «morto».

I renziani di Italia viva e i calendiani di Azione avrebbero dovuto in questi giorni celebrare il felice parto della loro creatura politica, destinata ad attirare i voti di quel centro liberale orfano di rappresentanza, tra un Pd ormai deviato verso la sinistra nostalgica e un centrodestra molto di destra. Ora invece, con le elezioni europee appena dietro l'angolo, rompono l'intesa e si scambiano veementi accuse, rimpallandosi la colpa del naufragio, o fallimento che dir si voglia. Per Carlo Calenda, ovviamente, è tutta colpa di Matteo Renzi: «Mi è stato chiaro che questo progetto non andava da nessuna parte quando Renzi ha fatto non un passo di lato, ma cinque passi avanti, riprendendo la guida di Italia Viva». Di mezzo, denuncia Calenda, ci sono anche i maledetti soldi: non solo Renzi sarebbe «indisponibile a sciogliere Iv», ma anche ad «impegnarsi a passare le risorse di Iv al nuovo partito». Renzi, insomma, nella versione calendiana vuole tenersi partito e malloppo, e per di più «non si presenta neppure alle riunioni: neppure lo ho sentito, perché ormai lui parla solo con Obama e Clinton». In sintesi: «Matteo mi voleva fregare, ma è stato rispedito al mittente: con me lo stai sereno non ha funzionato».

Dal fronte opposto, Renzi frena la lingua dei suoi lasciando il cerino (o la fiaccola) della débâcle in mano all'ex amico Carlo: «Noi abbiamo fatto di tutto per evitare lo scontro. Ma la verità è che lui aveva già deciso di rompere. Un vero e clamoroso autogol», dice nella riunione dei parlamentari di Iv convocata d'urgenza, e poi chiosa: «Tutto sommato, meglio ora che più in là, magari a ridosso delle elezioni». La rottura, insomma è «una scelta unilaterale» del capo di Azione, giustificata con poco credibili «alibi»: «Italia viva è pronta a sciogliersi come Azione il 30 ottobre, dopo un congresso libero e democratico». Quanto ai soldi, «Iv ha trasferito fino ad oggi quasi un milione e mezzo di euro al team pubblicitario di Carlo Calenda», fa dettare Renzi alle agenzie. Sottolineando con perfidia come quelle risorse siano andate soprattutto a iniziative pubblicitarie per Calenda. In conclusione, «rispetteremo gli amici di Azione, cercando ogni forma di collaborazione, senza rispondere alle polemiche di alcuni dei loro dirigenti». L'intenzione di entrambi, per ora, è di mantenere almeno i gruppi parlamentari unitari, per non perdere contributi e spazi di agibilità nelle Camere.

Il paradosso più curioso è che due anti-renziani doc come l'ex segretario del Pd Enrico Letta e la leader di + Europa Emma Bonino, in questa occasione, convergono nel dare addosso a Carlo Calenda. Difendendo, indirettamente, l'ex premier: «Dovrei dire che sono sorpresa? Proprio no. Lui è fatto così», twitta sibillina Bonino. Ma tutti capiscono che il riferimento è al leader di Azione, che alla vigilia delle elezioni politiche mandò all'aria l'intesa col Pd sottoscritta insieme ai radicali, e finì per allearsi con Renzi. A stretto giro di posta, sul tweet boniniano arriva il «like» di Enrico Letta, che all'epoca dovette incassare l'improvviso addio di Calenda. In mezzo al guado rimangono anche coloro che avevano investito sul Terzo Polo come nuova casa politica in cui entrare: esponenti riformisti del Pd in cerca di vie di fuga dal movimentismo tardo-Pci di Schlein (come l'ex capogruppo Andrea Marcucci, che parla di «esito sconfortante», ma sottolinea il «gran bisogno di un'area riformista») o liberali doc. «Vorremmo confrontarci su temi come: più Stato o meno Stato?», nota con sconsolato sarcasmo il presidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto, «Ma gli argomenti su cui discutono i leader del Terzo Polo mi sembrano altri.

Temo che questo non sia il nostro tempo», il tempo dei liberali.

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