Roma - L'ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva ha tenuto fuori dalla porta le questioni calde relative alla crisi economica. Se ne riparlerà, magari, il 29 agosto quando si tratterà di approvare il decreto «Sblocca Italia» che dovrebbe rilanciare le grandi opere.
L'unico argomento economico affrontato da Renzi&C. nella riunione di ieri è stato l'adozione di un decreto legislativo che impone l'armonizzazione degli standard contabili degli enti locali. In vista dell'applicazione della spending review , l'utilizzo di un solo criterio per la stesura dei bilanci, soprattutto delle partecipate pubbliche, dovrebbe consentire l'emersione del debito «nascosto sotto il tappeto» e agevolare la chiusura di quelle spa che servono solo come parcheggio di clientele e trombati. Visto il ridimensionamento del commissario Cottarelli, sarà difficile che Renzi possa sposare appieno il suo programma di tagli draconiani (riduzione delle partecipate da 10mila a mille). Tanto più che le nuove regole contabili andranno a regime solo nel 2016.
Per il resto, è stato una riunione molto «politica» e, non a caso, in conferenza stampa s'è presentato il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, che ha subito magnificato il suo decreto per inasprire le sanzioni nei confronti di coloro che si rendono protagonisti di episodi di violenza negli stadi. Altro motivo di soddisfazione per Alfano è l'approvazione di alcune misure per fronteggiare l'emergenza-immigrati: il riconoscimento del diritto di asilo sarà reso più celere, saranno aumentate le dotazioni per Polizia e Vigili del Fuoco e, inoltre, saranno indennizzati i Comuni siciliani che hanno sofferto le conseguenze dell'ondata migratoria.
La notizia principale, però, è un'altra: l'esecutivo ha impugnato le leggi della Regione Veneto per l'indizione di un referendum autonomista in quanto in contrasto con la Costituzione. «Non ci arrendiamo, è un sopruso del governo», ha commentato il governatore Luca Zaia preannunciando l'impegno a difendere «in tutte le sedi» il diritto dei veneti a pronunciarsi sull'indipendenza.
Eppure il desiderio di autonomia del Veneto nasce proprio dall'insofferenza dei cittadini verso uno Stato che tassa le imprese al 68% e non restituisce servizi adeguati. Un'insofferenza verso un mercato del lavoro ingessato dagli ostruzionismi sindacali. Una situazione, che come ha denunciato Mediobanca ieri, ha portato il 67% della produzione industriale italiana all'estero. È su questi dati che si innestavano le parole del presidente della Bce Mario Draghi, giovedì scorso, nel momento in cui auspicava «una condivisione della sovranità», che equivale di fatto a un commissariamento - a trazione tedesca - dell'Italia. Dinanzi a tutto questo il premier Matteo Renzi e tutto il resto della classe politica ieri non hanno proferito nemmeno una parola.
In teoria, sarebbe il titolare del Tesoro, Pier Carlo Padoan, a doversi esprimere ma il rapporto con l'inquilino di Palazzo Chigi è ai minimi storici. Basti pensare che, proprio sul tema spending review , via XX Settembre ha mostrato una determinazione che a Renzi, in questo caso, pare sconosciuta. Non a caso nel Jobs Act, che il premier vorrebbe incardinare nei lavori parlamentari dopo la pausa, si «glissa» sulla questione dell'articolo 18 (licenziamento senza giusta causa), proprio per evitare scontri con la sinistra del Pd. Partendo da queste premesse, è molto difficile che il governo riesca a far quadrare i conti pubblici senza un nuovo aumento della pressione fiscale e con Bruxelles e Berlino che assediano Roma, desiderose di commissariarla in via definitiva. Per Renzi potrebbero non essere più sufficienti le parole, anche se oggi si produrrà in nuove e mirabolanti esternazioni sul Financial Times .
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