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Il Csm fa dietrofront: spiragli sulla riforma. Ma contesta il Tar sulla nomina a Roma

Il plenum cede sull'autonomia assoluta. Impugnata la bocciatura di Prestipino

Il Csm fa dietrofront: spiragli sulla riforma. Ma contesta il Tar sulla nomina a Roma

I toni soprattutto all'inizio sono accesi, nel plenum del Csm che inizia a discutere il parere sulla riforma della giustizia, versione Bonafede. Ma poi si alzano voci concilianti verso l'emendamento dei laici di ogni colore politico, che contestano la difesa dell'autonomia assoluta dell'organo di autogoverno e della sua discrezionalità sulle nomine, nei confronti del legislatore.

Quasi una marcia indietro, con Nino Di Matteo (nel tondo in alto) e gli appartenenti alla corrente di Davigo A&I che appoggiano le critiche dei laici, Loredana Miccichè che a nome di Magistratura indipendente propone una mediazione tecnica per riscrivere il testo e Giuseppe Cascini di Area che concede al parlamento di poter intervenire sul Csm aggiungendo che però la riforma «è inopportuna se entra nel dettaglio», ma ammette che se il testo «desta equivoci interpretativi e crea l'impressione che si voglia continuare a fare porcherie», meglio riscriverlo e «non farne una questione ideologica». Solo Unicost tace, anche se Carmelo Celentano che è dell'area propone di rafforzarla la premessa-baluardo del Csm.

Insomma, la discussione continua oggi, ci saranno altri emendamenti ma la prossima settimana potrebbe passare quello dei laici che fa piazza pulita dell'arroccamento del Csm, perché la maggioranza in plenum sembra più disponibile ad ammorbidire l'introduzione dei 6 capitoli, che addirittura denunciava un vizio di costituzionalità e rivendicava una sorta di «riserva» di fare circolari su progressione in carriera ed altro, senza una regolamentazione di legge. Un «manifesto programmatico», com'è stato definito dai laici, che in linea di principio rifiutava la riforma perché non lasciava spazio alla discrezionalità del Csm. Stefano Cavanna, laico della Lega, parla di «enorme errore», di «linea Maginot fissata per dire che cosa dovrà fare il legislatore», un modo per «mettere le mani avanti e creare una barriera di intangibilità». Per Alessio Lanzi (Fi) i giudici devono ricordare di essere «soggetti alla legge», mentre talvolta «debordano dal perimetro legislativo con sentenze creative» e rifiutano con «insofferenza» ogni vincolo normativo. «Parlare di lesione dell'autonomia - dice in plenum Alberto Maria Benedetti, laico del M5S-, per un intervento del legislatore dopo le recenti vicende e rivendicare una generica autoreferenzialità rischia di essere un autogol, come voler dire:vogliamo continuare a fare come sempre». Il riferimento, naturalmente, è al sistema per le nomine decise dalle correnti emerso dalle chat di Luca Palamara. In quelle intercettazioni il clou riguarda gli accordi per scegliere il nuovo capo della procura di Roma, dopo Pignatone, e sempre nel plenum di ieri il Csm ha deciso di impugnare al Consiglio di Stato la sentenza del Tar laziale, che ha bocciato la scelta di Michele Prestipino al vertice di piazzale Clodio. Lo fa sempre per difendere le sue nomine, ma stavolta che la corsa fosse truccata l'hanno dimostrato le chat di Palamara, anche se non era Prestipino, ma Marcello Viola il prescelto. Lui, con gli altri pretendenti, ha fatto ricorso e si è arrivati a questo punto. Che l'impugnazione sia divisiva lo dimostra il voto in plenum: 13 si (Area, Unicost, 2 di A&I, il laico 5S Benedetti e i due capi della Cassazione, Pietro Curzio e Giovanni Salvi), 6 no (Donati laico 5S, Lanzi laico di Fi, Cavanna e Basile laici Lega, Di Matteo di A&I, D'Amato di MI), 5 astenuti (Miccichè e Braggion di MI,il laico di FI Cerabona, quello di M5S Gigliotti e Ardita di A&I ).

Suona un po' stonato, in questo quadro, l'intervento accorato del Pg della Cassazione Salvi (nel tondo sotto)che rivendica l'orgoglio di fare al Csm nomine con una «procedura così trasparente che nessun altro organo amministrativo ha», con tanto di diretta radio della discussione in plenum e con il risultato che solo poche nomine vengono annullate dalla giustizia amministrativa.

Invita a «ricordare le cose positive», in una difesa istituzionale del Csm, ma sorvola sulle degenerazioni correntizie che secondo Palamara portavano (l'imperfetto è augurale) all'assemblea solo i nomi di chi era già stato scelto in tutt'altre stanze.

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