Mario Draghi ha sferrato un fendente senza precedenti alla guardia bassa di Matteo Renzi sul fronte delle politiche economiche. Ieri la Bce nel suo bollettino mensile ha certificato il fallimento complessivo dell'azione del governo sul fronte occupazionale. In Italia, si legge nel testo che si riferisce al periodo compreso tra il secondo trimestre 2013 e il primo trimestre 2015, «la crisi ha esercitato un impatto avverso ben più persistente sull'occupazione complessiva, che è rimasta pressoché invariata, in controtendenza rispetto all'insieme dell'area dell'euro e alle sue economie più piccole».Se Germania e Spagna, infatti, hanno contribuito per quasi due terzi all'incremento complessivo del numero di occupati nell'area euro, con apporti pari rispettivamente a 592mila e 724mila unità, «i livelli occupazionali di Francia e Italia sono aumentati, nell'ordine, di appena 190mila e 127mila unità (un sesto del dato spagnolo), pari all'incirca al 15% del rialzo per l'insieme dell'area dell'euro». Persino gli altri Paesi di Eurolandia colpiti dalla crisi del debito come Portogallo, Irlanda e financo la Grecia hanno registrato un incremento più «marcato» dei posti di lavoro.Un fallimento completo che Renzi può condividere con il suo predecessore. Anche se il Jobs Act è stato approvato solo alla fine del periodo in esame, il trend occupazionale - pur migliorando - non ha certo registrato quel salto di qualità che era lecito attendersi in virtù delle favorevoli condizioni macroeconomiche. E invece, concludono i tecnici guidati da Mario Draghi, «la crisi in Italia ha esercitato un impatto avverso ben più persistente sull'occupazione complessiva, che è rimasta pressoché invariata». Parole che si traducono nel concetto: la svolta buona, annunciata dal premier a più riprese, non c'è stata.La Bce ha lasciato invariate le stime sul Pil di Eurolandia per il 2015 e l'anno prossimo rispettivamente all'1,5 e all'1,7%, non mancando però di sottolineare come la nostra legge di Stabilità per ora non rispetti i target di deficit prestabiliti. Un disavanzo che piace molto agli enti locali: ieri Regioni, Province e Comuni hanno dato l'ok alla manovra. E non è un caso che, intervenendo alla Camera sulla Finanziaria, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan abbia tenuto a sottolineare che «la fase di ripresa dell'economia italiana si sta progressivamente rafforzando» e le «stime di crescita» sono «confermate» (il Def prevede l'1,6% l'anno prossimo). Il deficit/Pil al 2,4%? «Gli apparati di sicurezza vanno rafforzati», ha detto.Eppure Draghi non è stato il solo autorevole esponente istituzionale a bocciare l'operato del governo. Le previsioni del Centro studi di Confindustria (Csc) erano state analogamente negative.
«Il problema è che l'economia stenta ad accelerare nonostante impulsi molto potenti come la svalutazione dei cambi, il dimezzamento dei prezzi del petrolio e i tassi di interesse ai minimi storici», ha dichiarato a Rds il direttore del Csc, Luca Paolazzi aggiungendo che «questi fattori danno una spinta del 2% quest'anno e dell'1,2% il prossimo». A fronte di tutto ciò Confindustria stima un +0,8% di Pil quest'anno e un +1,4% nel 2016. Insomma, Renzi nel 2015 ha prodotto solo recessione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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