
Il giorno dopo la telefonata tra Putin e Trump, in cui il dittatore russo ha annunciato la sua intenzione di «punire duramente» l'Ucraina dopo il suo attacco a sorpresa che ha decimato la flotta di aerei da guerra strategici russi, a Kiev e non solo ci si domanda se il presidente americano abbia di fatto autorizzato Putin a farlo. La risposta, disgraziatamente, è: sì. Trump non è più, per propria precisa scelta, il «leader del mondo libero» cui siamo abituati a riferirci pensando al presidente degli Stati Uniti. È invece diventato il leader di una superpotenza che pretende di porsi in modo equidistante tra l'aggredito ucraino che condivide i nostri valori e ambisce ad essere integrato nel nostro mondo e l'aggressore russo, che questa ambizione pretende di impedire con una guerra brutale. E ieri Trump durante il suo incontro con il cancelliere tedesco lo ha ribadito con parole sconsolanti, che non fanno che confermare la svolta della Casa Bianca.
«È triste quello che accade tra Russia e Ucraina ha detto Trump a Friedrich Merz -, è come assistere alla rissa furiosa tra due bambini. Tu cerchi di dividerli e loro non vogliono. Allora forse è meglio lasciarli picchiare per un po' e tornare a dividerli più tardi. Ho fatto questa analogia anche a Putin: gli ho detto, presidente, forse sarà utile che continuiate a combattere ancora e soffrire ancora molto, tutti e due, prima che vi lasciate separare». Nessun riferimento alle cause di questa guerra infame scatenata da Putin per incamerare l'Ucraina e al diritto di Kiev di difendersi. Nessun impegno a sanzionare Mosca, come Volodymyr Zelensky invano continua a chiedere. Solo generiche lamentele sulla mancata volontà «di entrambe le parti» di porre fine alla guerra, e ancor più generiche indicazioni di tener pronte sanzioni «molto, molto, molto dure» per imporre questa fine, «ma su entrambe le parti, sarò onesto».
Insomma, per Trump Russia e Ucraina pari sono. E non è dunque un caso se mercoledì non ha inviato il segretario alla Difesa Hegseth al vertice del Gruppo di Ramstein che riunisce i Paesi del campo occidentale che sostengono militarmente Kiev. Il messaggio è chiaro, ed è tutt'altro che nuovo: quella in difesa dell'Ucraina non è la guerra degli Stati Uniti di Trump & Vance. Gli Stati Uniti «lasceranno che i due bambini si picchino» (ovvero che Putin massacri ancora i civili ucraini, visto che senza i sistemi aerei di difesa americani sarà impossibile fermare la pioggia di missili russi sulle città) per poi magari intervenire in seguito, non si sa come e non si sa quando.
Un chiaro preannuncio di disimpegno dall'Ucraina, che pure colpendo durissimo e autonomamente nel cuore della Russia ha appena dimostrato di non essere «il chihuahua che morde un cane molto più grosso di lui» di cui ha parlato ieri un funzionario Usa in toni stizziti, riprendendo l'opinione di Trump che questa azione eroica serva solo a ritardare la pace.
Il fatto che la «pace» che pretende Putin altro non sia che una resa imposta alle proprie condizioni non interessa minimamente Trump: sarà un problema degli europei.
Così come non gli interessa nulla (ammesso e non concesso che le abbia lette) delle notizie d'intelligence secondo cui Putin ha già pianificato per il 2026 una campagna militare che mira alla conquista della metà del territorio ucraino, incluso l'intero sbocco al Mar Nero che è vitale per l'economia di quel Paese. Putin ha capito che Trump non farà niente per fermarlo e che, al di là delle chiacchiere, accetta l'idea che l'aggressione continui.