di Stefano Zurlo
C aspita, com'era generoso Massimo D'Alema. Basta pescare a strascico negli anni dell'autunno craxiano, dopo la frattura di Tangentopoli. Il leader socialista è sotto scacco e lui lo soccorre cosi: «Il fatto è che l'unica grande passione politica di Craxi è l'odio per la sinistra». Ancora: «La presenza di Craxi in Parlamento è dannosa per la democrazia. Speriamo che se ne vada al più presto». È il 5 agosto 1993 e ormai Bettino deve affrontare un calvario quotidiano: gli insulti, le monetine scagliate davanti al Raphaël, gli avvisi di garanzia e gli ordini di custodia, perfino le leggende metropolitane come quella sulla fontana davanti al Castello che sarebbe stata trasportata ad Hammamet. Ma i postcomunisti non tendono la mano e nemmeno provano a riflettere sull'intreccio fra politica e giustizia che loro stessi hanno contribuito scientificamente a creare. La verità è che D'Alema e soci hanno combattuto il socialismo riformista negli anni Ottanta, quando Craxi aveva cercato di modernizzare la sinistra, di darle un linguaggio e contenuti attuali, di liberarla dall'abbraccio soffocante del sindacato, di proiettarla magari in modo spregiudicato verso i ceti emergenti. I postcomunisti hanno usato la questione morale per superare il clamoroso ritardo con cui hanno affrontato le curve e i tornanti della storia, fino al crollo sulle loro teste delle macerie del Muro. E lo stesso disprezzo misto a livore traspare in quei drammatici anni Novanta, con Craxi ormai fuori gioco.
Fa perciò impressione leggere le affermazioni contenute nell'intervista concessa da D'Alema ad Aldo Cazzullo per il Corriere della sera. Pur di fare dispetto a Renzi, la sua bestia nera, quello che gli ha sfilato la Ditta e l'ha rottamato senza tanti complimenti, D'Alema costruisce una sorta di favola tutta buoni sentimenti: «A me piace prendermela con i potenti, non con chi è in difficoltà. Feci cosi anche con Craxi. Dalla parte di Berlinguer sono stato ferocemente anticraxiano, ma quando è cominciata la disgrazia di Craxi sono stato generoso con lui». Sentimenti nobili che non risultano però nel diluvio di giudizi senza pietà e, va detto, neppure un briciolo di misericordia per la tragedia umana.
Ma l'ex presidente del Consiglio va oltre: accecato dalle guerre di oggi, rilegge il passato modellandolo come pongo. Racconta di aver trattato con la procura di Milano per riportare Craxi, ormai malato, in Italia, poi arriva alla conclusione più sorprendente: «Craxi nonostante la forte carica anticomunista è sempre stato un uomo di sinistra» (e aggiunge «Renzi con la sinistra non c'entra proprio nulla»). Finalmente. Peccato che prima nessuno si fosse accorto delle aperture dell'ex segretario del Pds. Che il 16 novembre 1996 dichiarava, con la solita modestia: «Noi in Italia avevamo la doppia anomalia: quella di avere il miglior partito comunista del mondo e forse il peggiore partito socialista d'Europa».
Quanto alla mediazione, fallita, con il Pool di Borrelli, è Stefania Craxi a rimettere a posto i tasselli: «Fui io stessa a sollecitare, per il tramite di Giuliano Ferrara, il presidente del
Consiglio D'Alema perché gli salvasse la vita. Non conosco i termini dei suoi dialoghi con la procura di Milano ma non accadde nulla e non ebbi alcuna risposta». Era il 1999. L'anno dopo Bettino Craxi moriva ad Hammamet.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.